Ucraina, alla pace serve una cooperazione transatlantica

Sanzioni cross-Atlantic e al contempo nei confronti della Russia. Da parte degli Usa, il cui presidente si mostra sempre più infastidito e spazientito per il rifiuto negoziale di un Putin non solo sordo, ma via via più impegnato ad alzare l’intensità dell’aggressione all’Ucraina. Dall’Ue, riunita nella formula oramai sempre più frequente dei 27 meno uno (Orban), che ha approvato il 19esimo pacchetto di sanzioni. Ma, per quanto severe, è improbabile siano esse a indurre Putin alla pace. Dopo le incursioni dei droni russi e le violazioni dello spazio aereo dell’Ue/Nato dei caccia di Mosca, si va estendendo la percezione di come la Russia rappresenti una minaccia seria per la sicurezza europea, di come il Cremlino persegua solo l’escalation.
Sensazione, tuttavia, unita alla consapevolezza di come, senza l’apporto militare d’oltre Atlantico, sia una missione impossibile portare Putin al tavolo dei negoziati. Cosa ben nota a Zelensky, ospite a Bruxelles, dove ha ricordato l’interesse di Putin alla pace quando da Trump trapelò l’idea di consentire al suo Paese l’uso dei missili Tomahawk, per poi far retromarcia non appena il presidente Usa la ritirò. Quando si attacca un asilo per l’infanzia, allora solo si vuole continuare la guerra, ha aggiunto.
È, dunque, impossibile negoziare con Putin? Non lo si può fare partendo dalle sue richieste. Sfrontate. Perché pone come precondizione di ottenere, in termini territoriali, quanto non è stato in grado di conquistare militarmente. Conquiste peraltro di limitata estensione. Putin crede e rispetta solo il potere, quello delle armi, ma anche quello finanziario. Ma le incertezze atlantiche su questi due punti lo rinsaldano. Con lui vale una manifestazione di forza, tale da fargli capire come non possa tagliarsi la via d’uscita dalla guerra portata in Ucraina. Vi è bisogno di un messaggio forte per Putin. Il solo possesso da parte dell’esercito ucraino dei missili in questione costituirebbe una deterrenza di spessore. Ma Trump tentenna.

Tuttavia, non è solo una questione di Tomahawk o altre armi del genere. Il Consiglio europeo ha discusso, ma senza trovare la quadra per via della resistenza belga, come utilizzare gli asset russi congelati presso la fiduciaria Euroclear, istituzione finanziaria localizzata, appunto, in Belgio. Dopo una lunga discussione, tutto è stato rinviato a dicembre. Come se il tempo non giocasse a vantaggio dell’aggressore; come se, nel frattempo, altre distruzioni e vittime non affliggeranno un’Ucraina già martoriata. In effetti, trovare un accordo politico tale da consentire l’uso di tali fondi, con la condivisione dei rischi tra i Paesi membri, per finanziare un prestito da 140 miliardi di euro, costituirebbe un secondo tassello di una strategia con tutto il potenziale per cambiare i rapporti di forza e costringere Putin a negoziare. Solo una manovra a tenaglia, coordinata tra Usa e Ue, potrà cambiare le carte in tavola. Tanto più perché dalla Cina è venuto un inaspettato assist, con l’annuncio di Xi Jinping di sospendere le importazioni di petrolio dalla Russia.
Non c’è pace in Ucraina, ma si profila a Gaza. Per quanto incerta sia. Il Consiglio ha rinnovato il sostegno alla missione dell’Ue di assistenza al valico di Rafah e alle forze di polizia per i territori palestinesi, così come quello all’Autorità palestinese.

Un chiaro messaggio di stop è poi stato inviato a Netanyahu e ai suoi programmi di ulteriori insediamenti, se non addirittura annessioni, in Cisgiordania. Punto sul quale si è così delineata una convergenza euro-americana. Si tratti dell’una o dell’altra ricerca per la pace, la cooperazione transatlantica si presenta come un ingrediente imprescindibile per una soluzione di successo.
Angelo Santagostino, docente di Scienza delle finanze, Università degli Studi di Brescia
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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