Il male non va espulso, ma «trattato»

Per Lonnie Athens, criminologo statunitense, i criminali sono il lucido risultato, trasformativo, dell’Io, causato da esperienze particolarmente significative della loro vita
La violenza non è una fatalità - Foto Pixabay
La violenza non è una fatalità - Foto Pixabay
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Non c’è nulla dentro di noi che non sia nell’universo e nulla nell’universo che non sia dentro di noi. Alle nostre spalle, nel nostro Dna, una serie infinita di coppie che si sono unite, sopravvivendo alle più incredibili condizioni di vita, alle catastrofi naturali, all’avvicendarsi di eventi fino al punto zero della comparsa dell’uomo sulla Terra e tutto questo infinito è condensato in ogni cosa che è e che c’è.

L’amore di due persone, la gioia per la nascita dei figli, i vagiti, le fatiche, le prime pappe, i primi sorrisi, il primo giorno di scuola, le recite, le feste, i compleanni ed alle spalle le palafitte, le piramidi, le schiavitù, le pestilenze, le guerre di conquista, le migrazioni e le controriforme, le rivoluzioni, le guerre mondiali e le crisi economiche, gli stermini, le malattie. E via, di coppia in coppia, per dare infine alla luce due creature che a loro volta si incontrano, si innamorano, si legano, litigano, si scoprono incompatibili, e si lasciano affinché per uno dei due, improvvisamente, il destino si compia e lo trasmuti in un feroce assassino.

Settantacinque coltellate per placare il disordine, la rabbia, la paura. Di cosa? Di tornare Uno dopo essere stato Doppio? Di perdere il dominio? Di vedere l’altro felice senza di lui? Dopo di me il nulla! Come la scritta sulla bomba atomica. Un nulla che trascina tutti nel buio. E per liberarsi da quella insopportabile prigione interiore si consegna alla vendetta della comunità.

«Ergastolo», sentenzia il giudice. «Buttate la chiave», grida il popolo spettatore. «Ai lavori forzati», il politico di turno. «Ci vorrebbe la pena di morte!», come se non fossero già morti tutti in quelle famiglie. «Non gli hanno dato due aggravanti!». Ai parenti un po’ di denaro, agli avvocati difensori tre pallottole in busta anonima, ai compagni di cella il rispecchiarsi nell’errore e nell’orrore per gli anni a venire. Settantacinque feroci coltellate, una vita spezzata, 25 minuti di dissanguamento di un corpo amato, lasciato ad agonizzare come fosse un rito per onorare la nascita dell’assassino.

«Era una brava persona». «Era un bravo ragazzo, nessuno l’avrebbe mai detto». Dice stupita la gente. Che sia la negazione del mostro a liberarlo? Come avviene la mostrificazione di un bravo ragazzo? Ce lo dice Lonnie Athens, criminologo statunitense, padre della Teoria della Violentizzazione (la più illuminante spiegazione di come si formi la personalità criminale) sfatando la narrativa che, spesso, dipinge l’omicida come vittima di un raptus, affetto da un disturbo mentale che azzera la sua capacità di intendere e di volere (la bassissima percentuale di soggetti prosciolti per infermità mentale dimostra come questa sia un’eccezione minoritaria).

Per Athens i criminali sono il lucido risultato, trasformativo, dell’Io, causato da esperienze particolarmente significative della loro vita. La metamorfosi avviene con una gradualità fissa, divisa in fasi. Le prime rendono possibili, ma non inevitabili, quelle successive. Athens le chiama «stanze»: Brutalizzazione (sottomissione, orrificazione personale e addestramento violento), Belligeranza, Prestazioni Violente ed infine Virulenza. In ognuna di loro si crea quel «mutamento drammatico del sé», che conduce ad una frammentazione dell’Io ad esito della quale, di stanza in stanza, viene alla luce l’Io Maledetto. È possibile che non si raggiunga mai l’ultima stanza, potendo rimanere chiusi in una precedente, o che si abbandoni l’intero edificio. Il cuore dell’uomo è un labirinto oscuro.

Il suggerimento di Athens è di non espellere il male ma di trattarlo, mettendo a disposizione della società «una sufficiente complessità interna per il trattamento dei conflitti». La Mediazione questo fa: accoglie il grido, il dolore, la sofferenza e la ferita. Accoglie le parti oscure che gli esseri umani non vogliono vedere o non ammettono di avere. La violenza non è una fatalità, ma una scelta, che possiamo rifiutare, uno sforzo alla volta, verso la Luce.

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