Politica estera e riarmo: le difficoltà di Lega, M5s e Pd

Fra qualche giorno il Parlamento voterà sulle dichiarazioni della premier circa il Consiglio europeo del 20-21 marzo e sull’acquisto di venticinque caccia F-35, parte di un piano di acquisizione varato dal governo Conte nel 2019
Un caccia F-35 - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Un caccia F-35 - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Il voto dell’Europarlamento sul Libro bianco sulla difesa (che richiamava il piano von der Leyen sul riarmo europeo) ha spaccato i partiti italiani, diviso le coalizioni, frantumato il Pd (allontanandolo in modo pericoloso dalla linea pressoché unanime del Partito socialista europeo). Mai come ora si comprende che la politica italiana soggiace all’emotività, all’ambiguità, alla ricerca di facili consensi e, in parte, a una sorta di immatura ingenuità.

Mentre oggi si va in piazza per l’Europa (anche se i partecipanti hanno sul tema idee molto diverse fra loro), fra qualche giorno il Parlamento voterà sulle dichiarazioni della premier circa il Consiglio europeo del 20-21 marzo e sull’acquisto di venticinque caccia F-35, parte di un piano di acquisizione di velivoli varato dal governo Conte giallorosa nel 2019. Da un lato, i caccia servono alla Meloni per rafforzare le relazioni con gli Usa, ma dall’altro il voto mette in serie difficoltà politiche almeno tre partiti: Lega, M5s e Pd.

I pentastellati sono ormai i capifila, a sinistra (insieme ad Avs) del pacifismo «senza se e senza ma», a tutti i costi, perciò – anche se teoricamente dovrebbero votare a favore di un piano avviato da un loro governo e da un loro premier – potrebbero orientarsi negativamente, perché Conte e i suoi avranno buon gioco nel dire che i sette miliardi da spendere si sarebbero potuti dirottare su sanità, asili nido, lavoro. Su questa linea il M5s sta recuperando nei sondaggi (un pochino a danno dell’amletico Pd), perciò il voto può essere un’occasione per un nuovo colpo mediatico.

La Lega, invece, dovrà misurarsi in acrobazie dialettiche di alta scuola, perché più o meno è sulla stessa linea dei pentastellati, però fa parte di un governo che su queste cose ha le idee molto chiare; Meloni non può tollerare che Salvini le faccia uno sgambetto pur di raccattare qualche voto. Così, la Lega troverà una soluzione, ma continuerà a picconare il governo e gli alleati come sta facendo dall’insediamento di Trump, forte della frase del suo leader «noi abbiamo il coraggio di dire quello che gli altri pensano» (in realtà, il pensiero di Tajani e Meloni è ben diverso ed è chiaramente espresso di sovente) che forse si vuole riferire al M5s e forse pure alla parte più a sinistra del Pd, quella nella quale si colloca Schlein.

Il Pd è, fra i tre partiti, quello che ha maggiore imbarazzo: la maggioranza dei parlamentari è favorevole all’acquisto degli F-35, però il sì non corrisponde pienamente alle idee della segretaria del partito, che già in Europa si è distinta con i colleghi del Pse per la sua linea un po’ estrema (e largamente minoritaria, fra i socialisti europei). Del resto, la Schlein è entrata nel Pd, al momento delle primarie, provenendo dalla galassia della sinistra radicale, cioè più o meno quella che oggi è rappresentata da Alleanza verdi e sinistra (Avs); i riformisti tollerano sempre meno la posizione un po’ ambigua della segretaria e si sentono a disagio su vari temi, primo fra tutti il piano di riarmo europeo promosso dalla von der Leyen che non è gradito al vertice del partito.

Senza contare che ciò che dirà Mario Draghi il 18 marzo a Palazzo Madama in un’audizione andrà in direzione di un esercito comune europeo e di un piano per il riarmo dell’Ue e dei Paesi membri: un discorso che di certo incontrerà il plauso e la condivisione della gran parte dei gruppi del Pd, ma creerà allo stesso tempo qualche imbarazzo alla Schlein, la quale sente sempre più forte la concorrenza dei pentastellati su questo tema. La stessa manifestazione organizzata dai sindaci e da Michele Serra sull’Europa rischia di diventare una conta fra chi sta con la von der Leyen e chi punta tutto sulla pace passando per il disarmo (anche se alcune defezioni fanno pensare che l’ispirazione dei partecipanti sarà molto più puntata sull’ideale europeo che su certe divisioni, avvicinandosi comunque molto più all’Europa che va riorganizzandosi in senso difensivo e comunitario).

Mentre la Lega non ha problemi nel votare una cosa (per fedeltà rispetto alla coalizione) e pensarne un’altra, così come il M5s ha una certa consuetudine nel fare distinzioni con scelte passate dicendo che si trattava – diciamo così – di precedenti gestioni, il Pd è un partito tradizionale inserito fortemente in un ambito europeo (come Pse e come erede dei partiti fondatori della Cee) con un elettorato in gran parte schierato – su questo tema – su posizioni molto più vicine ai riformisti che alla segreteria. Una cosa è comunque certa: il voto sugli F-35 sarà un ennesimo spettacolo di tatticismi e ambiguità.

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