Opinioni

Perché la Turchia non difende Hezbollah

Erdogan ha sempre sostenuto Hamas, ma non le milizie filoiraniane
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Quando alle forze israeliane riuscì, a Teheran, il tentativo di eliminare il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, il presidente turco Recep Erdogan si espresse in termini commossi: «Chiunque lo abbia conosciuto sa bene quale grande sostenitore della causa palestinese lui fosse». Quando, le stesse forze ottennero, a Beirut, il medesimo risultato con Hassan Nasrallah, indiscusso leader di Hezbollah, le reazioni del Sultano furono ben più contenute. Rivolse, piuttosto, i suoi strali a Israele, accusandolo di genocidio, non una parola diretta nei riguardi di Nasrallah. A seguito dei bombardamenti nel sud del libano delle Idf ha indurito i toni, chiamando tutti i musulmani a unirsi, ma a sostegno del Libano e del suo governo.

Hamas ha da sempre goduto del sostegno di Erdogan; non altrettanto può dirsi per Hezbollah. Al primo, Erdogan e la sua stampa si riferiscono come un gruppo di resistenza, mentre per il secondo ogni riferimento è neutro, nome e basta. Eppure, le due organizzazioni hanno lo stesso obiettivo: la distruzione di Israele.

Quali i motivi della freddezza di Ankara verso Hezbollah? È una questione turca o si estende ad altri paesi mediorientali e nordafricani? Come tutto ciò può influire sul futuro dell’organizzazione sostenuta dall’Iran? Quali implicazioni l’appoggio a Hezbollah può avere sulla vastità del conflitto in atto?

All’indomani della morte di Nasrallah, Erdogan si è dichiarato a fianco del Libano, incontrando a New York il premier libanese Najib Mikati, suo pieno correligionario, in quanto musulmano sunnita. Solidale con il Libano, il suo governo, ma nessuna menzione per Hezbollah. Nasrallah, era figlio della piccola comunità sciita del Libano, dove era nato. Come tale aveva scalato i vertici di Hezbollah, sino a divenirne il leader carismatico. Vi era riuscito grazie alla fiducia in lui riposta dal regime degli Ayatollah, finanziatore e fornitore di armi a Hezbollah. Quale conseguenza dell’affiliazione religiosa, Hezbollah era ed è a fianco del presidente siriano Bashar Assad, lo ha sostenuto in tutte le fasi della guerra civile iniziata nel 2012. Ora, se pur è in moto un riavvicinamento diplomatico tra la Ankara e Damasco, è anche vera la presenza di truppe turche nel nord siriano dove fronteggiano le milizie pro-curdi dell’Ypg (Unità di protezione popolare), a loro volta sostenute da Hezbollah. Ciò solo aumenta la diffidenza di Erdogan verso il Partito di Dio. La maggior preoccupazione turca per l’escalation in atto dopo l’uccisione di Nasrallah è il possibile invio di truppe iraniane in Libano.

Se avvenisse si tratterebbe di una invasione. Il governo libanese vuole il cessate il fuoco, mai ha richiesto «aiuto fraterno» a Teheran. L’ingresso iraniano in Libano sconvolgerebbe molti equilibri e colpirebbe molti interessi. Non solo turchi, ma soprattutto arabi. Nessuno dei paesi firmatari degli Accordi di Abramo li ha sinora denunciati, ma neppure si è mai sognato di dare appoggio militare o ospitalità a Hezbollah e ai suoi leader. Ciò a differenza di quanto hanno fatto, e continuano a fare, per Hamas. Insomma, Hezbollah non scalda i cuori né turchi, né arabi. Vi vedono, piuttosto, un accrescersi del peso iraniano nella causa palestinese. Cosa da loro temuta. Di qui, al di là delle minacce di vendetta, l’esitazione di Teheran a inviare truppe in Libano: potrebbero causare un intervento Usa, senza ottenere alcun concreto sostegno turco-arabo.

Hezbollah, via Iran, gode tuttavia del sostegno russo cinese e nord-coreano. Non si tratta di cosa dappoco, anzi. Saranno queste potenze disposte a mantenerglielo di fronte a un conflitto a rischio di debordare? Hezbollah vale tanto? O potrebbe essere il grimaldello per ridefinire i poteri nella regione? Interrogativi inquietanti, in attesa di risposta.

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