Per il pd ed Elly Schlein c’è il rompicapo delle elezioni in Campania

Il dibattito sul terzo mandato si è raffreddato per l’ipotesi di rinvio del voto al prossimo anno, ma oltre al caso Zaia c’è anche quello di De Luca
Vincenzo De Luca - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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La legge regionale campana che, di fatto, autorizza De Luca a ripresentarsi per un terzo mandato presidenziale è stata impugnata dal governo. Ma l’esponente principale del Pd della Campania ha mille risorse: se la Consulta dovesse bocciare la legge regionale, potrebbe presentare una sua lista con un altro candidato presidente; se invece non ci fossero problemi, potrebbe ricandidarsi, ma il Pd non lo rivuole, perciò potrebbe presentarsi da solo.

Quali sarebbero gli scenari delle due possibili «corse solitarie» di De Luca? La prima è quella di una sua lista con un diverso candidato presidente. In ogni caso, si tratterebbe di una scelta spinosa per il Pd e per il «campo largo» in generale. Alle scorse regionali la lista «De Luca presidente» ha ottenuto un 13,3% (la coalizione ha però avuto il 68,57%) al quale si potrebbe aggiungere un altro 7-10% di liste vicine al governatore, arrivando così a un potenziale del 20%. In pratica, la coalizione di centrosinistra delle regionali 2020 potrebbe contare «solo» sul 48%, ma il dato delle politiche ci dice che non è così: Pd, alleati e Terzo polo hanno avuto in Campania, nel 2022, il 30,2% contro il 32,2% del centrodestra e il 34,6% del M5s.

Alle europee 2024, il centrosinistra più Terzo polo ha avuto il 39,8% contro il 35,9% del centrodestra e il 20,8% del M5s: la somma di centrosinistra e pentastellati è stata pari al 60,6% contro il 64,8% delle politiche e il 68,6% delle regionali. Alle regionali, invece, il centrodestra era al 18,1% nel 2020 e il M5s si era fermato al 9,92%. In poche parole, in Campania il successo alle regionali del 2020 è frutto dell’immagine e del potere locale di De Luca, non di quello del centrosinistra.

Il governatore è riuscito perfino a ottenere, nel 2020, un’affluenza alle urne (55,5%) superiore a quella delle politiche 2022 (53,3%) e delle europee (44%); ha stravinto anche grazie al crollo del M5s (che può aver dato alla coalizione un 10% in più), il valore aggiunto del leader campano al centrosinistra è stato intorno al 25-30%. Certo, una lista autonoma del governatore uscente prenderebbe senz’altro meno del 25-30%, se De Luca non potesse candidarsi per il terzo mandato. Però peserebbe non poco, soprattutto se gli equilibri fossero quelli delle politiche o delle europee.

In caso di campo larghissimo centrosinistra, centristi e M5s partirebbero dai teorici 64,8% del 2022 o dal 60,6% delle europee, ai quali però si potrebbe sottrarre un fisiologico 15 o 20% perso dai pentastellati alle regionali, arrivando così al 40-45%. In questa situazione, una lista De Luca potrebbe sottrarre al centrosinistra una quota di voti sufficiente per far vincere il centrodestra o, almeno, per rendere difficilissima la vita al candidato scelto da Schlein e Conte. Un accordo fra De Luca e il Pd per apparentare le liste non sarebbe facile, anzi sarebbe al limite dell’impossibile.

Poi c’è il secondo scenario, che per il centrosinistra sarebbe peggiore: De Luca può ricandidarsi. Col valore aggiunto di essere l’uscente, di avere un vasto consenso sul territorio, l’attuale governatore potrebbe mettere il campo largo e il centrodestra in serie difficoltà. Non siamo al livello di Zaia in Veneto (che forse vincerebbe da solo) ma poco ci manca. In ogni caso, la questione campana è spinosissima per la Schlein: la segretaria del Pd non vuole assolutamente ricandidare De Luca e chi supera i due mandati (come Emiliano in Puglia, il quale però ha già detto che non intende ripresentarsi).

Il centrodestra, in questa partita, spera di inserirsi per approfittare di due fattori: il possibile contrasto fra De Luca e il Pd; la difficoltà di costruzione del «campo largo» nel centrosinistra (o, se vogliamo, la strutturale impossibilità del M5s di mantenere i consensi delle politiche).

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