Slittano Regionali e Amministrative, sarà un anno senza elezioni

Il 2025 potrebbe essere un anno poverissimo, sul piano degli appuntamenti elettorali. Le comunali sono state quasi tutte rinviate al 2026, con la circolare 83 del 2024 del Ministero dell’Interno. Poiché nel 2020 si era votato nella seconda metà dell’anno, causa Covid, si è applicata la legge 182 del 1991 per la quale, se il mandato scade nel secondo semestre si va al voto fra il 15 aprile e il 15 giugno dell’anno successivo (in questo caso, il 2026). Restano fuori – oltre ai comuni delle regioni a statuto speciale (fra i quali Aosta, Bolzano, Nuoro, Pordenone, Trento) – anche tre città nelle quali il sindaco si è dimesso (in due casi perché è stato eletto presidente di regione), cioè Genova, Ravenna e Matera: qui si voterà nel 2025.
Le Regionali
Ora resta aperta la questione dell’eventuale rinvio delle elezioni regionali in Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia (in Valle d’Aosta si voterà comunque). Infatti, da un lato il presidente veneto Zaia – alla fine del suo secondo mandato, quindi ad oggi non rieleggibile – vorrebbe inaugurare le Olimpiadi invernali Milano-Cortina del 2026 (ma soprattutto la Lega vorrebbe tenerlo il più possibile al suo posto, sia perché è troppo importante per non trovargli una collocazione di rilievo nel partito o nel governo, sia perché la presidenza del Veneto è rivendicata da Fratelli d’Italia).
In Campania

Poi c’è il caso-De Luca. Il presidente campano ha fatto approvare dal suo Consiglio regionale una legge che, di fatto, recepisce in differita il limite dei due mandati, permettendo a De Luca di ricandidarsi nel 2025 (cosa che creerebbe problemi alla Schlein, che non lo vuole assolutamente; il centrosinistra potrebbe avere due candidati, facendo vincere verosimilmente la destra). Il Consiglio dei ministri può impugnare la legge regionale davanti alla Corte Costituzionale: da un lato, se la Consulta non sospendesse la normativa campana in attesa di deciderne la sorte, De Luca potrebbe dimettersi e ricandidarsi prima del giudizio (se eletto, potrebbe eventualmente decadere, oppure restare se la Corte non cancellasse la norma); dall’altro, la sospensiva per attendere il giudizio della Corte potrebbe servire alla politica per varare un decreto di rinvio delle elezioni dei consigli regionali ordinari al 2026, seguendo la stessa argomentazione che si applica per le comunali (si è votato nella seconda parte del 2020, quindi meglio rinviare alla primavera del prossimo anno).
Prospettive
Come si vede, sono tutte questioni politiche. Salvini vuole il terzo mandato perché teme che Zaia, una volta libero da impegni in Veneto, insidi la sua segreteria, però – visto che la Meloni vuole lasciare bloccati i mandati a due – preferisce adottare il ripiego dello slittamento al 2026; dal canto suo, anche la Schlein spera di evitare l’ostacolo di una candidatura di De Luca e comunque sa che il rinvio al 2026 servirebbe a guadagnare tempo.
Soprattutto, un 2025 praticamente senza elezioni (tranne Ravenna, Genova e Matera, che diventerebbero all’improvviso importantissime, perché sedi degli unici «test» dell’anno) servirebbe alle forze politiche per far decantare alcune questioni. A destra, l’attivismo della Lega può danneggiare Fratelli d’Italia; a sinistra, il «campo largo» è in difficoltà e ha bisogno di una pausa per provare a ricostituirsi su accordi nazionali solidi e validi anche per le politiche del 2027. In poche parole, «saltare» l’anno elettorale 2025 può far comodo un po’ a tutti.
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