Nella nuova globalizzazione il locale fa la differenza

Uno dei segnali di questa transizione è il ritorno in gioco dei territori dopo che essi sembravano essere irrimediabilmente in crisi sotto l’influenza dei flussi e delle dinamiche planetarie
Un paesaggio italiano - © www.giornaledibrescia.it
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La globalizzazione che abbiamo conosciuto tra la fine del Novecento e l’inizio del XXI secolo, superficialmente fatta coincidere con processi come la modernizzazione, l’occidentalizzazione, l’estensione planetaria dell’economia di mercato, è entrata in una nuova fase che al momento è difficile da decifrare ma che ha ricadute importanti sul rapporto tra locale e globale. Uno dei segnali più evidenti di questa transizione è il ritorno in gioco dei territori dopo che essi sembravano essere irrimediabilmente in crisi sotto l’influenza dei flussi e delle dinamiche planetarie.

Oggi non solo i territori recuperano centralità, ma si risvegliano identità di luogo e vengono riscoperte specificità e saperi locali che sembravano ormai quasi dimenticati. Un altro aspetto apparentemente paradossale della nuova globalizzazione è l’attenzione allo spazio dei luoghi ovvero ai contesti concreti di vita dove c’è vicinanza fisica, identità, storia, come possono essere una porzione di territorio, un quartiere, un borgo, una frazione, una località.

La riscoperta del senso del luogo è sia una forma di difesa identitaria sia un tentativo di ritrovare le radici che si sono smarrite nel mondo globalizzato. Nonostante i flussi di persone, merci, informazioni e le vaste reti che rendono tutti sempre più connessi, emerge un bisogno di ritornare al «senso del luogo» ovvero a quella sensazione esperienziale, emotiva ed estetica che solo un luogo fisico particolare sa suscitare e che tuttavia non è la stessa per tutti.

Anche a Brescia sono numerosi sia i segni lasciati dalla nuova globalizzazione sia quelli generati dal recupero della dimensione territoriale. Ad esempio, vanno nella prima direzione il settore produttivo con la crescita degli investimenti da e per l’estero, il campo sociale dove si registra un’evoluzione in senso multiculturale della popolazione residente, l’ambito della formazione e della ricerca con la presenza di istituti e atenei sempre internazionalizzati, le infrastrutture di mobilità e le reti tecnologiche che aumentano il livello di connessione sovralocale.

Senza dimenticare il crescente peso di fenomeni che attivano scambi tra locale e globale come il turismo e gli eventi culturali. Vanno invece nella seconda direzione, ovvero verso il riconoscimento del nuovo fascino esercitato dal locale, i molti giovani che nonostante le molte difficoltà decidono di rimanere (la «restanza») o di ritornare. Il ritorno al locale è un processo osservabile anche nel ri-radicamento di alcune attività economiche e culturali (si pensi alla valorizzazione di siti e presidi da valore storico e artistico), tanto che il territorio ridiventa un fattore chiave del fare impresa oggi.

Come scriveva alcuni anni fa l’economista Giacomo Becattini, forse come reazione al gigantismo e allo spaesamento generato da una certa globalizzazione, si assiste alla riscoperta di attività e di lavori più a misura d’uomo e di ambiente che riconoscono a tal punto il fascino del locale da farlo diventare uno dei fattori di attrattività. Esempi di questa tendenza sono le produzioni agricole, enogastronomiche e neo-artigianali che coniugano tradizione e innovazione e che considerano un valore aggiunto la cultura e le pratiche locali. Questa rinnovata centralità dei territori porta con sé la sfida di trovare nuove forme di protezione e di valorizzazione dei contesti locali, ben sapendo che la tentazione di assecondare forme di chiusura autoreferenziale, alla lunga, anziché rafforzare i territori li indebolisce irreparabilmente.

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