Non si può normalizzare la giustizia fai da te

Dobbiamo continuare e mai rinunciare a educare noi stessi, innanzitutto molto prima del rispetto della legge e/o della paura della pena con una etica forte della responsabilità
I fiori deposti nella via in cui è stato ucciso Nourdine Naziki - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
I fiori deposti nella via in cui è stato ucciso Nourdine Naziki - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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La terribile vicenda registrata da un orribile video nella notte di un giorno di normale vacanza della non normale uccisione per investimento ripetuto di un borseggiatore marocchino senza fissa dimora ci ha tutti colpito. Ancora una volta dopo la vicenda della povera Sharon o del 17enne che stermina la famiglia ci si interroga sui perché di questi eventi di follia.

Perché non si uccide volontariamente «senza un perché» e in questo caso non bastano certo i 200 euro della pochette e relativo contenuto. Il modo violento e reiterato dell'atto (la signora per quattro volte «scarica» il proprio suv sull'uomo a terra) ripreso dal video è espressione non solo di una volontà di uccidere per riprendersi la borsetta ma di farlo essendo sicura degli esiti, cioè di uccidere l’autore che le ha sottratto la borsetta. Ma c'è anche da domandarsi se una tale pulsione reiterata e violenta non sia stata supportata oltre che premeditazione sproporzionata anche da forti motivazioni di odio razziale vista l'origine marocchina dell'uomo?

È chiaro infatti che la signora non commette alcun «errore di manovra» dato che dopo l’investimento recupera la borsetta dall'uomo ormai esanime a terra e se ne va tranquilla guardandosi bene dal verificarne le condizioni e offrire un minimo di supporto e aiuto, dunque rifiutandosi di portare qualsiasi tipo di soccorso ad un uomo morente a terra e colpito con l'auto per ben quattro volte. Quindi nessun impulso guidato da paura ma premeditazione reiterata e accanimento su un uomo a terrà senza alcuna pietà.

A Viareggio una scritta per Said Malkoun, che è in realtà è stato poi identificato come Nourdine Naziki - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
A Viareggio una scritta per Said Malkoun, che è in realtà è stato poi identificato come Nourdine Naziki - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Perciò sembrerebbero sommarsi tragicamente in una follia pulsionale di omicidio con schegge di premeditazione, anche razzismo e disumanità rifuggendo da qualsiasi soccorso. La giustizia farà il suo corso e l'accusa va dritta all'«omicidio volontario», perché da qui si deve partire. In un Paese democratico e di uno Stato di diritto sostenuto da una giurisdizione penale e costituzionale forti e certe ognuno di noi non può farsi giustizia da solo come nel Far West o nella giungla. Ma poi la pietas dovrebbe comunque guidare o illuminare i nostri spiragli di lucidità se non lungo la pietra scolpita nel dettato biblico a «non uccidere mai», tanto meno per futili motivi e se non per legittima difesa e qui le immagini sembrano escludere totalmente.

Sorprende allora la rincorsa spasmodica e smodata di alcuni politici alla difesa d'ufficio per escludere l'«omicidio volontario», diseducando e distraendo la pubblica opinione inducendo comportamenti di «giustizia fai da te e all’odio» per riportarci al Pleistocene. Perché se la critica è ad una giustizia inefficiente si agisca perché lo sia meno con più personale (magistrati e poliziotti) e con reati acconci, ma senza richiami «giustificazionisti» che ci porterebbero alla guerra per bande o alla giungla appunto di fronte a quella che ci appare come una vera e propria «esecuzione».

Ma ancora più grave e incomprensibile la totale assenza di una qualche traccia di umanità seppure in presenza di uno «stato di pericolo» e con una risposta del tutto sproporzionata o estrema ci deve invece interrogare sulle cause profonde di uno stato della mente e dell'insicurezza dell’omicida certo enfatizzata da social irresponsabili e indisponibili ad educare, formare, guidare a comportamenti responsabili, dei quali la signora è esperta frequentatrice come da ricostruzioni giornalistiche.

Dunque quei social di fatto sensibili solo a lucrare sulla «generazione di traffico» (miliardi di follower) proprio evitando di distinguere tra bene e male, tra razionalità e irrazionalità, tra responsabilità e irresponsabilità e rifiutandosi di proteggere i più fragili e per i quali vengono da anni sanzionati su entrambe le sponde dell’Atlantico. Comportamenti individuali e collettivi (del branco che protegge il singolo come tra i lupi?) che portano a difendere la «sacralità» della vita umana a corrente alternata e – purtroppo – sempre più spesso «a staccare del tutto la spina» rimuovendo qualsiasi sacralità e con questa qualsiasi barlume di lucidità chiusi in «bolle social» che si auto-alimentano e vivono di «luce propria» anche se totalmente buia.

Il fermo immagine che ha ripreso l'intera fase dell'investimento - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il fermo immagine che ha ripreso l'intera fase dell'investimento - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Quel buio di mente e cuore che ci mostra il valore della vita umana annientata da una pochette nella orrifica «normalizzazione» di un omicidio, sproporzionato, disumano, senza pietà e sostenuto da motivazioni razziste che una «società del diritto» e che voglia definirsi «umana e illuminata dalla pietas» non può tollerare. Perché dobbiamo continuare e mai rinunciare ad educare noi stessi innanzitutto molto prima del rispetto della legge e/o della paura della pena con una etica forte della responsabilità.

Cioè «non possiamo rinunciare mai ad essere kantiani e neppure ad essere cristiani» per dare un senso al nostro appartenere ad una stessa comunità di destino che sia soprattutto giusta ricorrendo per la nostra sicurezza agli enti e alle regole a questa deputati oltre che al lume della ragione con l’educazione e la responsabilità perché con Dante «fatti non foste a viver come bruti!».

Luciano Pilotti - Dipartimento di Scienze e politiche ambientali, Università Studi Milano

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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