Pagare per le verifiche a casa va in contrasto col quadro educativo

Mario Maviglia
Il regolamento interno della scuola deve individuare le forme più adeguate attraverso cui favorire il passaggio delle informazioni
Un ragazzo a scuola
Un ragazzo a scuola
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Il tema della valutazione degli apprendimenti degli studenti è spesso oggetto di interventi normativi e di dibattito sia dentro che fuori le istituzioni scolastiche. In questi giorni è oggetto di discussione la questione concernente la possibilità per i genitori degli alunni di avere copia dei compiti svolti in classe. La questione assume una duplice connotazione, da una parte giuridica, dall’altra educativa. Si tratta di due dimensioni tra loro strettamente intrecciate. Com’è noto la legge 241/1990 (e sue successive modificazioni), nel definire l’attività amministrativa svolta da tutte le istituzioni pubbliche (e dunque anche dalla scuola) stabilisce che tale attività deve essere esplicata sulla base di criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza.

Il rispetto del principio di trasparenza riguarda ovviamente anche il tema della valutazione; e infatti il Dpr 249/1998 afferma esplicitamente che «lo studente ha diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca ad individuare i propri punti di forza e di debolezza e a migliorare il proprio rendimento». Considerazioni simili vengono fatte dal DLgs 62/2017 quando afferma che «per favorire i rapporti scuola-famiglia, le istituzioni scolastiche adottano modalità di comunicazione efficaci e trasparenti in merito alla valutazione del percorso scolastico delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti».

Un bambino a scuola - © www.giornaledibrescia.it
Un bambino a scuola - © www.giornaledibrescia.it

Alla luce di quanto detto sopra appare evidente che in campo valutativo uno dei compiti fondamentali della scuola è quello di favorire il più possibile l’accesso alle informazioni inerenti il processo di apprendimento degli studenti e questo anche per un altro motivo, ribadito dalla normativa, ossia il carattere formativo della valutazione, inteso come un processo di miglioramento continuo dell’apprendimento, un processo che richiede il coinvolgimento attivo non solo degli studenti rispetto ai risultati raggiunti, ma anche dei genitori degli alunni per il supporto che possono fornire ai propri figli.

In altre parole, le prove di verifica hanno senso, all’interno del processo di apprendimento, se costituiscono oggetto di analisi tra docente e allievi, per individuare gli elementi di forza e di criticità, per comprendere meglio le scelte effettuate dall’allievo e per dar modo al docente di riflettere sulla propria azione didattica per introdurre eventuali cambiamenti.

La possibilità per i genitori di poter a loro volta essere messi a conoscenza di questi risultati in itinere appare importante non solo in riferimento al rispetto del principio di trasparenza evocato sopra, ma anche perché può sollecitare forme di aiuto e incoraggiamento da parte loro per sostenere il processo di apprendimento dei figli. Sotto questo profilo, paradossalmente, la scuola dovrebbe preoccuparsi delle famiglie che non chiedono informazioni sulle prove di verifica, in quanto può essere un indice di scarso interesse verso i risultati scolastici dei propri figli.

Il regolamento interno della scuola dovrà individuare le forme più adeguate attraverso cui favorire il passaggio di queste informazioni, rispettando i principi di privacy e di integrità dei documenti, ma non può coartare o limitare tale passaggio. Lo strumento dell’accesso agli atti formalmente inteso (ancor più se accompagnato da una richiesta di pagamento) appare palesemente in contrasto con il quadro normativo ed educativo delineato sopra.

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