L’ultimo mondo possibile

Emma ha l’età della pensione ed è una delle persone che alimenta il virtuoso sistema costruito, retto e alimentato dai volontari. Se fate mente locale, concorderete con me: senza il volontariato la vita della collettività sarebbe di parecchie lunghezze più difficile. Emma segue corsi, si forma, è attiva. Per di più appartiene a quell’insieme di persone privilegiate e che è un privilegio conoscere: applica dedizione alla sua pratica di volontaria quanto alla sua dimensione familiare.
Seguirla per una giornata intera è a tratti frastornante. Scappa, prima di sera, la domanda spontanea: «Ma dove la trovi tutta questa energia?». Io gliel’ho chiesto e devo essere stata solo l’ultima di una lunga fila di richiedenti. Da donna d’azione e di poche parole, ma di grandi pensieri, Emma la risposta me l’ha data a frammenti, l’ultimo poco prima che ci salutassimo. Mi permetto una rielaborazione mia, ma solo per necessità di sintesi.
L’Emma-pensiero è: tutti quanti parliamo di «cambiare il mondo» e in tantissimi citano la frase «sii il cambiamento che vuoi vedere». Sono concetti grandi e bene espressi, che la fanno persino sembrare facile. Probabilmente è per questo che in molti provano ma cedono prima: è poetico in lettere, ma è estenuante e frustrante a gesti. Per ovviare a molti inconvenienti in cui inciampano soprattutto quelli che iniziano, l’idea di Emma è che si debba pensare che il «mondo» non è per forza il pianeta e nemmeno la nazione o la regione o la provincia o il luogo di lavoro o la famiglia. Il mondo va personalizzato: è quello nel gruppo cui appartieni e nel momento in cui ci sei.
Quello lì è il solo mondo su cui puoi intervenire, quindi opera lì, con quell’orizzonte: migliora il tuo ambiente, esigine la pulizia fisica e morale, soccorri per quello che puoi, fai ciò che sai e altrimenti indica a chi rivolgerti o chiama tu per chi ne ha bisogno. Resetta e riallinea nella portata delle tue braccia. Quello è il mondo che puoi cambiare e quel cambiamento lì non è poi così faticoso, diventa normale. E la trasformazione comincia quando per decisione, emulazione o buon esempio, più mondi si allineeranno uno alla volta, fino al massimo numero ragionevolmente e umanamente possibile. Se aspetti di vedere i frutti di ciò che fai, già esageri.
Ragiona, direbbe Emma, come se tu fossi l’ultimo dei mondi possibili e dalla sua salvezza dipendesse l’umanità intera. Lo so, millenni di filosofia ci hanno detto cose simili in maniera organizzata e strutturata. Ma Emma lo fa. Lo fa anche quando il suo mondo ha le dimensioni di uno sgabuzzino da riordinare, di una pratica da sbrigare per conto terzi, di un cerotto colorato da mettere. E davanti a un atto pratico io mi sono convinta che a volte tutto il senso sta in unico gesto fatto sul serio. Forse sono uno spirito povero io, ma Emma mi ha dato un senso di speranza solida di cui sono assetata io, insieme a molti altri. Grazie a Emma e a tutti i volontari e a tutti quelli che sono l’argine di contenimento e sostegno dell’ultimo, unico mondo possibile.
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