Stizza e felicità

Qualche mese fa ero in un aeroporto, in attesa del volo che mi riportasse a casa. Era un tardo pomeriggio della primavera inoltrata. Tra i passeggeri che si stavano sistemano nei sedili di un volo di linea a basso costo, c’era la solita variopinta umanità. In particolare c’erano una donna con due figli, una bambina e un bambino di pochi mesi, e una comitiva. La comitiva era di persone che a vent’anni avrei definito «anzianotte» ma che ora, per ragioni di anagrafe mia e di linguaggio politicamente corretto, devo indicare come «pienamente mature». Il destino vuole che uno della comitiva finisca nel sedile davanti alla fila in cui si sistema la donna con i due bambini. La bimba è vivace e il fratellino è di pessimo umore, quindi piange. E non c’è verso di distrarlo. Prima del decollo, l’uomo si slaccia la cintura di sicurezza, si torce e rivolto alla donna sbotta: «Lo faccia stare zitto!».
Io ho profondamente ammirato il sangue freddo della signora, che già stava sudando le sue sette camicie viaggiando da sola con due bambini. Sì, perché lei è rimasta imperturbabile e ha risposto: «Crede che mi stia divertendo?».
Il tizio le ha pure risposto qualcosa che io non ho sentito, perché lui lo ha bofonchiato e sempre restando dietro lo schermo protettivo del suo schienale. Come fanno i codardi e quelli che la fanno fuori dal vaso.
Io ho solo riepilogato mentalmente la quantità di rumore che quell’uomo e i suoi compagni di viaggio avevano emesso al gate. Eruzioni di buon umore, certo. Però non è che il buon umore di uno possa essere inculcato a tutti a forza di decibel, non più del cattivo umore almeno. E ho pensato che quell’uomo avrebbe potuto comodamente essere il nonno di quel bambino. E ho pensato a tutte le volte che ciò che lui ha trovato l’impudico coraggio di dire l’ho visto dipinto sul volto di altri «pienamente maturi». E ho pensato alla denatalità. E ho pensato alla rottura del patto generazionale. E ho pensato a tutta l’antipatia che ho sentito riversata su quelli che hanno ciecamente poppato da un tempo generoso, spensierati del presente e ostili al futuro, lasciando alle generazioni successive avanzi e deiezioni da smaltire. E mi sono rammaricata di essere stata zitta.
Il bambino alla fine si è addormentato, la bambina si è entusiasmata parecchio per le nuvole oltre l’oblò. Insomma, i bambini hanno fatto i bambini e gli altri hanno solo fatto i capricci.
Quando vedete un bambino in giro, trattatelo bene: non solo dovrà spazzare quel che lasciate in giro, non solo dovrà affrontare un tempo pieno di sfide, ma non si può escludere che sia proprio lui ad assistervi quando sarete in un qualche ricovero. Meglio che cresca felice e ben disposto, non credete anche voi?
Ah, alla fine, all’atterraggio la donna con i due bambini era attesa da un uomo molto emozionato, che teneva in mano un foglio con disegnato sopra un cuore rosso.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
@Buongiorno Brescia
La newsletter del mattino, per iniziare la giornata sapendo che aria tira in città, provincia e non solo.
