La forza di Meloni nella nuova Europa

La presidente del Consiglio è la persona più potente dell’anno nella classifica del 2025 di Politico Europe
La premier Giorgia Meloni - Foto Ansa/Epa/Szilard Koszticsak © www.giornaledibrescia.it
La premier Giorgia Meloni - Foto Ansa/Epa/Szilard Koszticsak © www.giornaledibrescia.it
AA

La «traversata d’Europa», chiamiamola così, ha sortito i suoi effetti. Come pure il riposizionamento parziale, ma con relative scosse politiche telluriche, della maggioranza che la sostiene deciso da Ursula von der Leyen. Ed ecco, quindi, che questi e altri fattori – fra i quali l’innegabile coerenza con cui ha tenuto il punto in tutto questo tempo sulla difesa dell’Ucraina dall’aggressione russa – hanno contribuito a fare intronizzare Giorgia Meloni quale «persona più potente dell’anno» nella classifica per il 2025 di Politico Europe. L’autorevole portale di informazione considerato come la «bibbia» per sapere quanto avviene nelle istituzioni comunitarie, come nei corridoi di Bruxelles e Strasburgo.

Una funzione che gli deriva dall’essere il medium «meglio informato» su questi temi, come pure dal riflettere, a vario titolo, umori e percezioni delle élites europee. E pare di poter dire che, nell’incoronazione della presidente del Consiglio italiano alla stregua dello strongman del continente (in linea con la sua predilezione per l’utilizzo della forma maschile nella declinazione dei titoli), vi sia anche il gradimento di vari ambienti dell’«Eu-sfera» e della burocrazia brussellese.

Una nemesi felice per chi – ormai sembra un’era geologico-politica fa – sfoderava l’intero ben noto armamentario neopopulista per scagliarsi contro i palazzi e gli establishment dell’eurocrazia. Sotto questo profilo, dunque, emerge in modo chiarissimo il tratto camaleontico e trasformistico di Meloni, evidenziato a più riprese da quando si è insediata a palazzo Chigi, e che, da ultimo, si manifesta nella sua pacifica e indolore transizione dal bidenismo al trumpismo (dai cui lidi, peraltro, era partita prima ancora nel tempo).

Difatti, come rimarca Politico, quando Elon Musk, con il quale Meloni – a conferma della sua capacità di coltivare relazioni importanti sullo scacchiere internazionale – ha costruito un sodalizio, deve cercare qualcuno sul Vecchio continente si rivolge proprio alla premier italiana. La versione brussellese del noto sito di informazione politica aveva già attribuito a Meloni l’anno scorso un riconoscimento in una delle sue categorie, quella dei Doers («coloro che fanno»), salutata con una certa grancassa propagandistica dai mezzi di comunicazione e dagli opinionisti vicini al destracentro.

Nonostante, come peraltro tipico del giornalismo anglosassone, l’inserimento nella classifica del 2023 fosse stato accompagnato da una serie di motivazioni che si dilungavano sulle luci ma anche sulle ombre (parecchie...). Ed è precisamente quanto avviene anche nel caso odierno, al cui proposito Politico sottolinea come la presidente del Consiglio e di FdI costituisca uno dei vertici dell’ondata che sta spostando la politica europea «verso l’estrema destra».

E, pertanto, nonostante le critiche di questi due anni sulle sue politiche in materia di diritti e di migranti, molti leader guardano a lei «quale rappresentante accettabile di uno spirito dei tempi sempre più radicale che si impone su ambedue le sponde dell’Atlantico». E che suggerisce la sua utilità come interlocutrice di rilievo per le istituzioni Ue, specialmente al cospetto della scarsità di politici centristi capaci di esercitare in maniera forte il potere.

Così come ha impressionato parecchi osservatori la stabilità del suo governo, tanto – aggiunge la redazione di Politico – che «in molti non si sono accorti della regressione democratica, soprattutto per quanto riguarda la libertà di espressione, avvenuta da quando Meloni è entrata in carica». E questo è un aspetto (assai) problematico particolarmente marcato dell’esecutivo, che lascia trapelare una certa insofferenza e un atteggiamento punitivo delle destre nei confronti di quel dissenso e di quelle critiche che sono a fondamento del costituzionalismo liberale e dello Stato di diritto.

In questa cornice si inseriscono anche i tagli previsti al sostegno dell’editoria che si ritrova ulteriormente penalizzata dalla Legge di bilancio 2025, ora in discussione in Parlamento, contenente un ulteriore drastico (e catastrofico) taglio dei finanziamenti del Fondo per il pluralismo e l’innovazione digitale dell’informazione e dell’editoria.

Massimiliano Panarari – Sociologo della comunicazione, Università di Modena e Reggio Emilia

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.