Israele, guerra «segreta» tra il premier Netanyahu e l’intelligence

La rottura è divenuta evidente lo scorso 20 marzo quando l’esecutivo ha disposto il licenziamento di Ronen Bar, capo dello Shin Bet
Il premier israeliano Netanyahu - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il premier israeliano Netanyahu - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Mentre Israele si prepara a intensificare l’offensiva su Gaza e i negoziati per un cessate il fuoco si trovano nell’ennesima impasse, nei palazzi del potere tra Gerusalemme e Tel Aviv si sta consumando quello che sembra l’epilogo di un’altra guerra, parallela e sotterranea, certo meno devastante ma non priva di conseguenze: quella tra il governo israeliano e i suoi servizi segreti.

La rottura è divenuta evidente lo scorso 20 marzo, quando l’esecutivo ha disposto il licenziamento di Ronen Bar, capo dello Shin Bet, l’agenzia di intelligence interna, in una mossa senza precedenti nella storia dello Stato ebraico. «Crescente sfiducia», ha motivato il primo ministro Netanyahu.

Per Bar e l’opposizione si tratterebbe invece di una purga in risposta al rifiuto dell’ufficiale di piegarsi alla «pretesa illegittima di fedeltà personale» al premier.

Lo scontro è approdato nelle aule della Corte suprema israeliana, che ha congelato il licenziamento riservandosi di decidere sulla sua legittimità dopo aver sentito le parti. E sono proprio le testimonianze depositate da Netanyahu e Bar a rivelare dimensioni e contorni di una guerra che da mesi prosegue silenziosa.

Tre i fronti principali: il primo riguarda le responsabilità dell’impreparazione mostrata dalle forze israeliane nella risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, oggetto di un’indagine dello Shin Bet. Mentre Netanyahu punta il dito contro i servizi segreti, Bar, pur riconoscendo una parte di responsabilità, continua a sostenere che il governo avrebbe ignorato molteplici segnali d’allarme inoltrati dall’intelligence.

Il secondo fronte tocca il cosiddetto Qatargate israeliano: lo Shin Bet indaga sulla presunta corruzione di consiglieri vicinissimi a Netanyahu, che avrebbero ricevuto soldi dall’Emirato per promuoverne gli interessi nelle più alte sfere del governo di Tel Aviv. Il sospetto, allora, è che il licenziamento di Bar sia volto a sabotare l’inchiesta, che Netanyahu ha da subito bollato come «caccia alle streghe» e «colpo di Stato».

Infine, ci sono le accuse di un utilizzo politicizzato dei servizi segreti: «Il primo ministro mi ha comunicato più volte il suo desiderio di muovere lo Shin Bet contro cittadini coinvolti in proteste contro il governo», ha scritto Bar nella testimonianza. Volontà che si sarebbe concretizzata in richieste esplicite di sorvegliare attivisti e trasmettere informazioni sensibili sul loro conto all’esecutivo. «Un’assoluta bugia», ha ribattuto il premier.

Gli ultimi sviluppi risalgono a poco più di una settimana fa, quando Ronen Bar ha deciso spontaneamente di rassegnare le proprie dimissioni. Ben contento, il governo ha quindi revocato il licenziamento, non più necessario, e chiesto alla Corte suprema di archiviare il caso.

Ora spetta ai giudici decidere se pronunciarsi o meno sulle enormi ombre che, al di là dell’esito, la disputa ha gettato sugli equilibri di uno Stato di diritto sempre più fragile.

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