Il diversivo ucraino per salvare Kharkiv

La città russa di Kursk è famosa perché qui, nel luglio 1943, si svolse la più grande battaglia fra mezzi corazzati della storia: 1,9 milioni i sovietici, con 3.300 carri armati, 20.000 artiglierie e 2.600 aerei e 800mila i tedeschi, con 2.500 carri, 7.500 cannoni e centinaia di aeroplani. Pur superiori per addestramento i tedeschi furono sconfitti: fu l’inizio della fine.
Ora nelle stesse zone è in atto una battaglia scatenata dalle forze ucraine, che da Sumy sono penetrate per 10 km in Russia presso Kursk, occupando undici villaggi sparsi su 50 kmq: tra questi Sudzha, da cui passa il metanodotto che ancora oggi rifornisce Slovacchia e Austria (e per cui Gazprom paga i diritti di transito a Kiev!).
Sono impegnati tremila uomini di brigate meccanizzate, aerotrasportate e ranger appoggiate da artiglieria e droni. L’attacco ha sorpreso i russi e decine di guardie di frontiera sono state fatte prigioniere: ma la reazione di Mosca c’è stata, prima con massicci attacchi aerei e poi con l’afflusso di forze del Gruppo Armate del Nord e della Forza Akhmat cecena.
Anche se al Cremlino, insolitamente in diretta video (a fini evidentemente propagandistici) il gen. Gerasimov ha affermato che l’offensiva era già stata fermata, uccidendo e ferendo centinaia di ucraini, l’espressione di Putin tradiva contrarietà: i russi hanno infatti dovuto evacuare migliaia di persone (altrettanto ha fatto però Kiev nella regione di Sumy) e la battaglia dopo quattro giorni era ancora in corso.
“Only one who devotes himself to a cause with his whole strength and soul can be a true master. For this reason mastery demands all of a person.”
— Defense of Ukraine (@DefenceU) August 10, 2024
Albert Einstein
The combat losses of the enemy from February 24, 2022 to August 10, 2024. pic.twitter.com/4jrY81pPGd
Gli ucraini non possono mantenere il controllo di questi territori e per loro sarà già un successo riuscire a sganciarsi dal contatto coi russi: forze preziose per Kiev, perché si tratta delle migliori (scarse) riserve, visti gli irrisolti problemi di arruolamento di nuovi soldati e sempre con ottocentomila giovani rifugiati all’estero.
Nelle ultime settimane, peraltro, Kiev ha registrato una serie di «colpi» in territorio russo contro infrastrutture energetiche e depositi delle bombe plananti Fab500M, ha distrutto quattro lanciatori di missili anti aerei S400 in Crimea, colpito coi droni l’aeroporto militare di Liptetsk, a 300 km, e affondato il sottomarino Rostov sul Don in cantiere a Sebastopoli.
È evidente lo sforzo nel tentativo sia di alleggerire la pressione su Kharkiv (dove il fronte pur cristallizzato è troppo vicino alla seconda città del Paese) sia di acquisire carte per un eventuale tavolo di trattativa: Mosca, infatti, forte dei numeri, cinicamente incurante delle perdite, è all’offensiva ovunque specie sul fronte Est-Sud. Nei territori di Kupiansk, Chasiv Yar, Pokrovsk, Toretsk, N’ju-Jork i russi avanzano un paio di km al giorno (contro poche centinaia di metri del mese scorso).
Chasiv Yar ormai è un tritacarne come Bakhmut ma i russi stanno cercando di aggirarla per intrappolare gli ucraini. In più ora vengono riforniti con continuità grazie all’attivazione della nuova ferrovia Rostov-Mariupol sul Mar d’Azov.
🇷🇺 Russia informed #IAEA about the situation at the Kurskaya NPP in light of Ukraine’s attack of the Kursk Region:
— Russian Mission Vienna (@mission_rf) August 9, 2024
⚡️On August 8, fragments & remnants – presumably, pieces of intercepted rockets – were discovered at the plant, incl. in the radioactive waste processing area
1/2 pic.twitter.com/lJ2XKrx9jc
È impossibile che l’Ucraina riconquisti i territori perduti: all’orizzonte si prospettano scenari da armistizio coreano (guerra mai finita, combattimenti feroci in fase di trattativa per acquisire peso e paese diviso in due con una fascia smilitarizzata), o norvegese (adesione unilaterale alla Nato, nel 1949, accettando il rischio di essere l’unico Paese dell’Alleanza confinante con l’Urss: ma i russi, mantenendo una modesta conflittualità, potrebbero procrastinare all’infinito la possibilità di adesione di Kiev) o tedesco (la Germania nel 1995 accettò la divisione per aderire alla Nato con la prospettiva, allora indeterminata, di riunificazione).
Ma servirebbero un confine provvisorio militarmente difendibile, un limite alla presenza di forze straniere o armi nucleari (a meno che l’Ucraina non sia sotto attacco) e l’impegno a non usare la forza sul confine se non per autodifesa, come fecero i tedeschi occidentali, garantendo alla Nato che non si troverà in guerra con la Russia se l’Ucraina ne diventerà membro.
Bisognerebbe accettare una divisione a tempo indeterminato per tenere la «nuova Ucraina» al sicuro nell’Alleanza Atlantica. Resta un problema: perché Mosca dovrebbe accettare un’intesa che avvicinerebbe Kiev alla Nato più che nel febbraio 2022?
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