Opinioni

Sul latte versato piangono gli incapaci

La guerra, le fatiche, le incomprensioni con i parenti: la storia di Sabina e della sua famiglia
A ottant'anni, inutilmente, Sabina ha provato a riunire la famiglia - Foto Unsplash © www.giornaledibrescia.it
A ottant'anni, inutilmente, Sabina ha provato a riunire la famiglia - Foto Unsplash © www.giornaledibrescia.it
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Sabina nasce nel 1908 e vive la prima guerra mondiale senza che quasi la sfiori: troppo piccola per ricordare la pace, ancora abbastanza lontana dal mondo degli adulti per razionalizzare l’effetto dell’ultima guerra antica che è anche la prima moderna e, in particolare, discendente di una famiglia dagli introiti solidi. Nell’intervallo tra i due conflitti conosce Luigi, un ottimo partito con cui la madre provvede a combinare un matrimonio in tempi abbastanza solleciti, visto che la vedovanza l’ha nel frattempo messa a dura prova.

La prima figlia (la nonna di Bianca, che mi ha raccontato questa storia) nasce nel 1934, la seconda cinque anni dopo. Luigi ha parecchi fratelli, tutti sposati. Gestiscono una piccola impresa, che però inizia a risentire delle difficoltà del periodo, ma sono ottimisti almeno fino al settembre del 1939. Vengono richiamati alle armi appena l’Italia entra in guerra. Lasciano quindi il paese e le mogli con i bambini piccoli. In teoria, il padre, quattro nuore e una sorella nubile possono fare quadrato e sopportare insieme i momenti bui che stanno per arrivare. Non succede. Il padre si ammala e le nuore si arroccano ciascuna per la propria causa, in una gara a chi è meno spaventata, sola e impoverita.

Sabina, una mattina d’inverno del 1942 prende per mano le due figlie e si incammina nella neve per andare a mettersi a servizio di una famiglia abbiente che sta cercando qualcuno che vada a servizio. Un posto molto ambito, fra tante incertezze. Persino Sabina, che era stata abituata a essere servita da bambina, si è fatta in quattro per essere la prescelta. Ha insistito, ha fatto ricorso a vecchie amiche della madre, ha regalato un foulard di tela sottile e ricamata – ultimo vessillo di tempi migliori – per avere quel lavoro. Tornerà a casa solo a conflitto finito, con Luigi che dall’Africa è tornato sconvolto e a stento riconoscibile. Pure lei si fa fatica a riconoscerla: le prepotenze patite nei panni di serva, le privazioni inattese imposte ai figli e i tanti piccoli abusi del potere l’hanno disillusa.

I rapporti tra le nuore continueranno a conservare le striature delle ostilità che le hanno separate. Sconfitte dalle tensioni che le hanno sfinite, mancano della lucidità per riconciliarsi. L’astio taciuto viene contenuto nella morsa della buona educazione e dalla confezione delle apparenze. Sabina invecchia e quando compie ottant’anni, prova inutilmente a riunire la famiglia. Riesce a vedere l’inizio del nuovo millennio, ma forse sta guardando più lontano. Alla nipote poco più che bambina affida una frase: «A rimettersi in piedi dopo la guerra sono capaci tutti, ma è prima che bisogna essere bravi: a non farla». E Bianca chiosa: «Un solo giorno da sorelle avrebbe risparmiato cinque anni di pena e una vita di rancori a quattro famiglie». Vale per le persone, vale per le nazioni.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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