Ghosting, c’è un filo sottile da Banksy agli abbandoni amorosi

Un filo invisibile lega i muri di Bristol, le aste milionarie di Londra e le relazioni sentimentali del XXI secolo, il geniale e provocatorio Banksy e gli abbandoni amorosi. Agire di nascosto, lasciare un messaggio improvviso, significativo, effimero; sorprendere e sparire, questa la formula artistica di Banksy, autore dall’identità volutamente ed ostinatamente segreta. Il problema sorge quando questa cifra stilistica viene emulata per uscire dalle relazioni sentimentali. Una fuga, come tante, ma griffata: il «banksying» appunto.
A differenza dell’ormai vetusto ghosting, che consisteva nella semplice sparizione, nel vecchio: «vado a prendere le sigarette», fare banksying significa ritirarsi dalla relazione senza manifestare alcun disagio o intenzione e poi scomparire lasciando un segno, un post una frase, un’immagine simbolica, proprio come quelle lasciate dall’artista di Bristol. Una Z di Zorro che sgualcisce la randa o il fiocco di un amore che, per l’altro, stava andando «a gonfie vele».

Il banksy-er pratica (con piacere) l’arte (malsana) di pianificare la sua sparizione in modo spettacolare ed improvviso come accadde con l’opera «Girl with Balloon» di Banksy, che con un colpo di teatro, anzi di lama, nascosta, si sminuzzò in mille pezzi davanti agli occhi di spettatori increduli trasformandosi nella variante: «Love Is in the Bin»: l’amore è nel cestino (non prima di essere venduta all’asta per 1,4 milioni di dollari).
Nessun risarcimento invece per l’abbandonato solo annichilimento e dolore per l’inspiegabile sorpresa. Cercherà inutilmente di decifrare l’accaduto e risolvere un enigma che appare tale ma che in realtà è una storia banale. La banale fuga di un codardo (genere neutro) la cui silenziosa ritirata, terga al vento, sarebbe meritevole di festeggiamenti, non di struggimenti. Ironia a parte, resta il fatto che viviamo in un’epoca di continua spettacolarizzazione di noi stessi e dei nostri sentimenti, un mondo dove si pratica un continuo shopping relazionale favorito dalla tecnologia che ci consente di comunicare ed esporci con logiche da marketing seppure relazionale. Non esiste un galateo del lasciarsi, quindi, libero spazio alla creatività, all’improvvisazione. Non è importante come si viene lasciati ma cosa ci viene restituito di noi grazie all’abbandono. Tutto è palestra nella vita, occorre solo avere la volontà di imparare dai propri errori, per ripeterli meglio.
«Senza Titolo» di Wislawa Szymborska, 1962. «Rimasero talmente soli, così senza parole, di miracolo degni per tanto disamore – d’un fulmine in cielo, d’esser mutati in pietra. Tirature a milioni di mitologia greca, però non c’è salvezza né per lui né per lei. Se ci fosse almeno qualcuno sulla porta, qualcosa, un solo attimo, apparisse, sparisse spassoso, triste, da ogni e nessun dove, fonte di riso e amore. Ma non accadrà nulla. Nessuna inattesa inverosimiglianza. Come in un dramma borghese, questo sarà un lasciarsi del tutto regolare, senza neanche un "apriti cielo” a solennizzare. Sullo sfondo fermo del muro, penosi reciprocamente, stanno di fronte allo specchio, in cui c’è il riflesso sensato, e poi niente. Solo il riflesso di due persone. La materia sta bene attenta. Per quanto lunga e larga, e alta in terra, in cielo e ai lati – vigila destini innati – quasi per una cerbiatta improvvisa nella stanza dovesse crollare l’Universo».
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