Opinioni

Evoluzione e archetipi: uomini, donne e la necessità di ascoltarsi

Serve un nuovo patto evolutivo che consenta di ascoltare le rispettive parti riflesse nascoste
Non c’è vera parità senza un dialogo tra forze diverse ma necessarie
Non c’è vera parità senza un dialogo tra forze diverse ma necessarie
AA

Uomini ed emozioni: l’eredità del silenzio. Si potrebbe intitolare così la relazione complicata degli uomini con le proprie emozioni. Quella «alessitimia cromosomica» che li fa sembrare, non tutti ovviamente, a tratti, affettivamente analfabeti. Michael E. Addis, nel suo bellissimo libro «Emozioni invisibili» ha cercato di analizzarne le cause psicologiche e culturali.

L’antropologia spiega questa inclinazione a partire dalle strategie di sopravvivenza dei gruppi umani con la suddivisione, precisa e funzionale, dei ruoli: le donne a custodire la vita (la prole, la cura, il nutrimento, il gruppo), gli uomini a proteggerla con la caccia, la difesa, muovendosi per lunghi periodi in silenzio e solitudine.

Un modello vincente coadiuvato da una struttura genetica astutamente funzionale a questo schema (come dimostrato anche dagli interessanti esperimenti di Krier sui neonati). Laddove all’uomo venivano richieste forza bruta, resistenza, coraggio, focalizzazione, mostrare paura o esitazione avrebbe compromesso la sicurezza del gruppo. Il mondo cambia ma gli archetipi non scompaiono, si infiltrano nella modernità.

L’uomo che, un tempo, doveva trattenere il panico davanti a una belva, oggi trattiene la paura davanti ad una perdita, ad una crisi affettiva. Il suo linguaggio emotivo è primitivo, pragmatico, funzionale, performante: risolve, non confida. Se vede la compagna insoddisfatta non sa come decifrare emozioni che, lui per primo, rifiuta di ascoltare. Si sente inadeguato nel renderla felice, non sa cosa fare, si arrabbia, respinge, chiude.

Non è che non provi sentimenti, non li sa codificare nel linguaggio dell’intimità. La sua mente traduce tutto in azione: se ama, fa, protegge; se soffre, tace. In un mondo dove la protezione fisica non serve quasi più, quella corazza diventa una prigione emotiva. Occorre poi dar atto di una ulteriore, sottile, dinamica nella quale entriamo in gioco noi donne: chiediamo sensibilità e comunicazione al nostro moderno maschio addomesticato, seppure ancestralmente attratte da modelli di maschio «Alfa», strategicamente più affidabile per la selezione naturale.

Le qualità che un tempo garantivano sopravvivenza oggi generano malessere e distanza. Il prezzo del silenzio maschile però è alto. Costa all’uomo in termini di salute mentale, fisica e relazionale e costa alla donna in termini di solitudine emotiva e, paradossalmente, di sopravvivenza (sua e della prole) quando quella violenza che il sapiens agiva all’esterno si rivolta e agisce dentro al nucleo familiare. Occorre, forse, un nuovo patto evolutivo che comporti la possibilità per uomini e donne di ascoltare le loro parti riflesse nascoste.

Dove gli uomini possano mostrarsi fragili senza che tutto l’universo mondo, donne e madri incluse, li induca, dal loro primo vagito, a tradurre fragilità in debolezza inopportuna. «L’uomo che impara a piangere non uccide. L’uomo che impara a sentire non domina. L’uomo che sa perdere senza perdersi diventa finalmente libero. Non c’è guarigione collettiva senza una conversione del maschile. E non c’è vera parità senza un dialogo tra forze diverse ma necessarie: la forza che protegge e la dolcezza che genera, la parola che costruisce e l’ascolto che accoglie, il maschile che si apre al femminile, anche il proprio e, così, torna umano».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.