Nei conflitti la sfida è essere orso, lupo, coniglio o tartaruga

Oggi arricchisco la fauna che sta dentro la rappresentazione dei conflitti e vi presento, oltre alla giraffa ed allo sciacallo, il coniglio, la tartaruga, il lupo e l’orso. Non sono impazzita, tranquilli. Non è una riedizione dell’arca di Noè e neppure una simulazione di un esperimento di Darwin. È semplicemente il piccolo mondo animale che popola le nostre dinamiche disfunzionali nei conflitti familiari.
Cosa fate e pensate quando vi trovate improvvisamente coinvolti in una discussione? «Oddio, le odio? Mi fingo morto? Reagisco? Passo all’attacco? Mi do alla fuga?». Ecco, secondo Stephen Karpman, psicologo americano transazionale, nei conflitti tendiamo a recitare, sempre, anche se in modo interscambiabile, tre precisi ruoli: la vittima, il persecutore, il salvatore. Karpman ha associato a questi ruoli alcuni animali simbolici: il coniglio, la tartaruga, il lupo e l’orso, appunto. Creando un simpatico zoo all’interno delle nostre discussioni.
Il coniglio rappresenta chi pensa: «Meglio scappare. Non ho voglia di star male». Chi, dentro al conflitto, prende la porta, la sbatte e se ne va. Per evitarlo ed evitare di soffrire o veder soffrire. Pensa, abbandonando la discussione, di salvare la relazione. Salvo poi, quando capisce che così non è, assumere il ruolo di vittima.
La Tartaruga non scappa, ma si chiude nel carapace. Di solito dice: «Per me è uguale», «fai come vuoi». Taciturna, apparentemente calma, indifferente e fredda, in realtà dentro soffre come un’eroina tragica. Si colpevolizza, si consuma, ma non lo da a vedere. Pensa che parlare peggiori le cose. La sua strategia? «Non vedo, non sento, non parlo». Si isola e si rende invisibile. Il risultato? Diventa la preda preferita (la vittima) del lupo (il persecutore) che l’azzanna con soddisfazione e costringe il coniglio (il salvatore) ad uscire dalla tana per proteggerla.
Il lupo è colui o colei che adora il conflitto: un’arena perfetta dove dimostrare quanto è forte. Attacca, accusa, manipola. Ha sempre l’ultima parola e, se possibile, la più dolorosa. Non si mette mai in discussione. È brillante ma letale, tossico. Il suo motto è: «Io vinco, tu perdi». Scarica la colpa sugli altri e nega le proprie responsabilità. In apparenza forte, in realtà nasconde fragilità e difficoltà a relazionarsi e mettersi in discussione.
Infine l’orso, il saggio. Quello che tutti dovremmo sforzarci di essere o diventare. Prima di buttarsi nella mischia si chiede: «Ne vale davvero la pena?». E, nel caso, lascia andare senza rancore. Affronta il conflitto con calma, empatia e un pizzico di filosofia. Non fugge, non attacca, non si sacrifica: cerca soluzioni che vadano bene per tutti. Usa il rispetto, senza ferire l’altro. È assertivo, empatico, capace di ascoltare e di cooperare. Non scappa dalle proprie responsabilità, ma non cade nemmeno nella trappola della competizione. La sua forza sta nella lucidità e nella capacità di cercare soluzioni che facciano bene a tutti.
Nei conflitti possiamo essere tutti un po’ coniglio, un po’ tartaruga o a volte persino lupo, ma la vera sfida è ottenere l’attitudine dell’orso: saper prendere le distanze, riflettere e scegliere di agire con equilibrio ed empatia. Solo così il conflitto da battaglia senza scopo diventa un’occasione per crescere. E voi, che animale siete quando litigate?
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