Opinioni

L’eredità «oltre la rete»: cosa ci ha lasciato Skype nel tempo

Come ampiamente annunciato, dal 5 maggio non esiste più, definitivamente chiuso da Microsoft, o meglio, trasmigrato in forma totalmente diversa su Teams
La piattaforma Skype
La piattaforma Skype
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«Hanno ammazzato Skype, Skype è vivo!». Verrebbe da raccontarla così, parafrasando uno dei successi di Francesco De Gregori, la vicenda del software pioniere delle telefonate a prezzi stracciati e delle videochiamate.

Come ampiamente annunciato, dal 5 maggio Skype non esiste più, definitivamente chiuso da Microsoft, che ne è l’ultimo proprietario. O meglio: trasmigrato in forma totalmente diversa su Teams, piattaforma della stessa company, che immette nella tecnologia originale anche una bella dose di intelligenza artificiale. Skype non c’è più. Eppure il suo spirito resta quanto mai vivo e operante nella Rete, non solo come pezzo importante della storia di Internet, ma anche perché ha segnato una svolta che resta ineludibile.

La vicenda è iniziata nel 2003. Fu una trovata geniale di Niklas Zennström e Janus Friis, due imprenditori svedesi che idearono il sistema rappresentato dall’icona con la nuvoletta azzurra. Lo spunto iniziale era di connettere gli utenti attraverso Internet aggirando le tariffe allora elevate delle telefonate, soprattutto le chiamate verso l’estero. Ed è su questo versante che lo spirito di Skype mantiene ancora oggi tutta la sua impronta rivoluzionaria. Prima il sistema della telefonia era oneroso e intricato: dalle chiamate notturne a quelle interurbane con tariffe differenziate.

Skype ha costretto tutti a rivedere la logica e ad abbassare i costi. Grazie alla nuova piattaforma, infatti, non solo era possibile telefonare agli utenti Skype, che nel 2010 erano diventati oltre 300 milioni in tutto il mondo, ma con la tecnologia VoiP si potevano chiamare anche numeri di telefono tradizionali con tariffe bassissime. Qualcuno usò la piattaforma anche per «piratare» film e musica.

In tempi ancora pionieristici per la Rete, ha offerto in anteprima la possibilità ai suoi utenti di telefonare e vedersi gratuitamente, ovunque si trovassero. E ciò avveniva quando la tecnologia quasi ancora non era in grado di reggerne l’innovazione: il primo iPhone è del 2007, WhatsApp nasce nel 2009 e i suoi messaggi vocali si diffondono nel 2014. La gratuità del servizio, l’utilizzabilità crescente del prodotto e l’effetto network sono stati i pilastri della crescita di Skype, che fin dal 2010 contava i propri utenti a milioni. Diventata fra le app più utilizzate al mondo, venne acquisita da eBay per 2,6 miliardi di dollari.

L’arrivo degli smartphone fu la svolta che segnò prima il suo sviluppo e poi la crisi. Il nuovo device, diventato un’appendice irrinunciabile per milioni di persone, da una parte permetteva l’uso del software in totale libertà e mobilità, come prima era possibile solo con il pc a casa o sul lavoro, ma dall’altra richiedeva una scelta radicale sul «mobile-first».

Ed è a questo bivio che Skype ha cominciato a perdere i colpi. Infatti, nel frattempo, altre piattaforme digitali diventavano più agevoli e immediate proprio perché create per gli smartphone. Così WhatsApp, FaceTime, Messenger guadagnarono terreno. Intanto Skype passava di mano in mano: da eBay ad un gruppo di investitori nel 2009 e quindi a Microsoft, nel 2011, per 8,5 miliardi di dollari. I nuovi proprietari pensavano più a trarne ricavi immediati che a svilupparne le potenzialità. Con l’aggiunta di problemi tecnici, quando Microsoft sostituì con Skype il suo Windows Live Messenger.

Poi arrivò il Covid. Le clausure imposte dalla pandemia furono terreno di conquista per le piattaforme delle videochiamate e delle conference call e di ogni strumento utile per il lavoro a distanza. Zoom, Google Meet e ancora WhatsApp hanno avuto buon gioco. Ed è a questo punto che Microsoft ha deciso una nuova strada, quella di Teams. E Skype è finito su un binario morto.

Ma il suo spirito vive. Oggi le chiamate via web sono ormai integrate in molte e diverse applicazioni. Di fatto nessuno può dirsi monopolista del settore. La crittografia end-to-end sulla quale si fondava Skype permane nella tecnologia che protegge le comunicazioni delle app e delle chat più diffuse. La tecnologia di Skype vive e lotta insieme a noi: cercando di assicurare che solo mittente e destinatario possano leggere i messaggi, punta a garantire sicurezza e libertà alle nostre comunicazioni. Che non è poco nell’infosfera del Grande Fratello.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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