Skype va in soffitta: addio a un pezzo delle nostre vite digitali

Fa impressione come strumenti entrati nelle nostre vite con l’aura dell’innovazione che spalanca a esperienze spesso mai provate, siano destinati in breve all’oblio, spazzati via perché superati. La parabola di Skype – software che dal 2002 ha messo in (video) comunicazione milioni di utenti nel mondo via pc o cellulare – viene ora pensionato da Microsoft, perché soppiantato da WhatsApp, Meets e simili.
Non è il primo. I più âgées ricorderanno nell’era dei programmi per lo scambio (spesso illecito ma in gran voga) di brani musicali e video (i «peer-to-peer»: Napster su tutti, altra vittima del tempo), il successo del primo sistema di messaggistica online di larga diffusione: Icq. Dietro l’acronimo azzeccatissimo (suonava come «I seek you», io ti cerco, con l’omologo italiano «C6») c’era un intreccio da spy story: creato da tre amici israeliani nel 1996, rilevato dall’americana Aol nel 2002 per 400 milioni di dollari, ha chiuso i suoi giorni solo nel 2024 in mani russe (Mail.Ru). Nei suoi 28 anni di vita (quasi un record) ha fatto battere cuori e vegliare notti in interminabili chat. Oggi i suoi server sono spenti, come lo saranno a breve quelli di Skype.
Con le loro icone spariscono pezzi piccoli o grandi delle nostre vite digitali. E c’è da scommettere che prima o poi toccherà pure a colossi come WhatsApp e soci. L’obsolescenza tecnologica accelerata è uno degli stigmi del nostro secolo. Parafrasando la celebre battuta di Humphrey Bogart in Deadline, «è il digitale, bellezza».
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