L’eredità di papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere, includere

L’umanizzazione delle migrazioni rappresenta fin dall’inizio una delle cifre più rilevanti di questi dodici anni di Bergoglio
Papa Francesco lancia una corona di crisantemi a Lampedusa - © www.giornaledibrescia.it
Papa Francesco lancia una corona di crisantemi a Lampedusa - © www.giornaledibrescia.it
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Una corona di fiori bianchi e gialli galleggia sulle acque del Mediterraneo. È una delle immagini più simboliche del Pontificato di papa Francesco. Era l’8 luglio 2013, quattro mesi dopo l’elezione al soglio pontificio, quando il Santo Padre si recò a Lampedusa. Un viaggio non programmato, ma che «ho sentito di dover fare», dirà qualche tempo dopo. Parte da lì la denuncia della «globalizzazione dell’indifferenza», monito per quanti continuano ad alzare muri e ad attuare respingimenti. Una denuncia che accese il dibattito sulle morti in mare e che, l’anno successivo, fu rimarcata nel suo discorso al Parlamento europeo: «Non si può accettare che il Mediterraneo diventi un grande cimitero».

E invece il Mediterraneo, con i suoi 20mila morti, un cimitero lo è diventato. Il piccolo Alan Kurdi riverso senza vita sulla spiaggia di Bodrum, nel sud della Turchia, mentre con la famiglia tentava di scappare da anni di conflitto in Siria, commosse a tal punto il Santo Padre che, nel 2021, a conclusione del suo viaggio in Iraq, ne volle incontrare la famiglia.

L’umanizzazione delle migrazioni rappresenta fin dall’inizio una delle cifre più rilevanti di questi dodici anni di Papa Bergoglio, «codificata» nell’esortazione apostolica «Evangelii Gaudium», in cui si ricorda che «ogni straniero che bussa alla nostra porta è un’occasione per un incontro con Gesù Cristo». Alle parole sono seguiti i fatti, con la costituzione della «Sezione Migranti e Rifugiati» integrata nel Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, la celebrazione, da parte della Chiesa, della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, e le tante iniziative – di vario livello -, come la richiesta a parrocchie, monasteri, conventi e istituti religiosi di accogliere almeno una famiglia di migranti o rifugiati.

Ma anche l’invito a vescovi, suore e sacerdoti a salire sulle navi di salvataggio. Più volte Francesco ha difeso l’attività delle organizzazioni umanitarie, e incontrato gli operatori della nave di soccorso Mediterranea, che parteciperà ai funerali con una delegazione composta da uomini e donne fuggiti dalla violenza dei lager libici. Così come ha incontrato registi e attori che nei loro film hanno raccontato la tragedia del Mediterraneo, come Matteo Garrone, con il suo «Io capitano».

E, sempre ai sacerdoti, Francesco aveva chiesto di essere presenti sui sentieri dei respinti nell’America del sud e in Africa, e lungo la rotta balcanica. Lui stesso aveva voluto recarsi due volte a Lesbo – nel 2016 e nel 2021 – dove, di fronte a quei volti smarriti, aveva parlato di «naufragio di civiltà». Contro i naufragi della dignità, è l’operato del «Barco Hospital Papa Francesco», un ospedale galleggiante di 32 metri, realizzato dai frati francescani brasiliani, per rispondere alla chiamata del Santo Padre a essere «Chiesa in uscita e ospedale da campo».

«Accogliere, proteggere, promuovere, includere» questi i verbi usati da Francesco per definire lo stile verso chi arriva da guerre e fame. Un approccio che gli è costato parecchie critiche, soprattutto da parte del presidente Trump, al quale Bergoglio non ha risparmiato i duri richiami contro la sua politica anti-migranti e i tagli all’accoglienza. Lo aveva fatto anche recentemente attraverso una lettera ai vescovi statunitensi, nella quale scriveva: «Uno Stato di diritto autentico si dimostra proprio nel trattamento dignitoso che tutte le persone meritano, specialmente quelle più povere ed emarginate». Eppure Trump ha partecipato ai funerali. È la geopolitica bellezza!

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