Bayrou e gli equilibrismi alla francese

Il nuovo esecutivo di Parigi nasce in bilico e Le Pen minaccia di farlo cadere
Il premier incaricato François Bayrou - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il premier incaricato François Bayrou - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Nato sotto le feste, ma certamente non sotto una buona stella: il nuovo governo francese guidato da François Bayrou parte avendo di fronte a sé un futuro ancora più incerto di quello del predecessore Michel Barnier, sfiduciato dopo soli tre mesi, il periodo più breve nella storia della quinta Repubblica.

Quella che il presidente Macron ha affidato al neo-primo ministro centrista sapeva già di missione impossibile: allargare la coalizione di governo verso il centro-sinistra o quantomeno strappare al Partito Socialista la promessa di non votare la sfiducia. Missione fallita in partenza: dopo l’annuncio della composizione dell’esecutivo, il segretario del PS Olivier Faure ha dichiarato che nessuna delle condizioni poste per un patto di non-sfiducia è stata rispettata. In effetti, non c’è traccia della discontinuità richiesta rispetto ai governi precedenti: dei 35 ministri nominati lunedì scorso, 19 facevano già parte della squadra di Barnier e un terzo dei restanti aveva già ricoperto incarichi governativi sotto la presidenza Macron.

Anche rispetto al colore politico non si notano cambi di passo, anzi. Nelle intenzioni, Bayrou puntava a creare una squadra plurale, in cui le componenti della destra repubblicana, del centro e della sinistra moderata avessero uguale peso. La realtà è ben diversa: a farla da padrone è ancora, e ancor più del governo Barnier, il centro macronista, mentre la componente progressista si limita a tre ex socialisti, tra cui Manuel Valls, primo ministro sotto la presidenza Hollande che da tempo scalpitava per tornare sotto le luci della ribalta, tanto da essersi candidato (senza successo) nel 2018 a sindaco di Barcellona, la sua città natale. Scontenti anche i Républicains, che oltre a perdere la casella del primo ministro vedono dimezzata la propria rappresentanza tra i ministeri, tanto che il presidente Laurent Wauquiez ha dichiarato che il partito deciderà se sostenere o meno l’esecutivo «caso per caso», ogni volta che verrà sollecitato il voto del parlamento.

Marine Le Pen - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Marine Le Pen - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Ma a tenere in mano il destino del governo Bayrou è, ancora una volta, il Rassemblement National di Marine Le Pen, i cui voti, uniti a quelli della sinistra che già ha annunciato di votare la sfiducia alla prima occasione, sono ampiamente sufficienti per far cadere l’esecutivo da un momento all’altro, come accaduto a Barnier a inizio dicembre.

In un video pubblicato sui social la vigilia di Natale, Le Pen ha avvertito che questo potrebbe succedere «molto presto, al massimo qualche mese». Sottinteso: il tempo necessario per organizzare un’altra campagna elettorale. Perché, a quel punto, a Macron non resterebbero che due possibilità, scartata quella di nominare l’ennesimo governo di minoranza destinato a cadere nel giro di poco: sciogliere l’assemblea nazionale e indire nuove elezioni politiche, oppure dimettersi e anticipare le presidenziali.

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