Quegli umilianti quiz del questionario per il Concorso

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All’inizio di ogni anno scolastico si ripresenta da anni un problema che scuole e famiglie conoscono bene: migliaia di cattedre vuote e docenti che vengono convocati a volte ad anno molto inoltrato, soprattutto per le materie tecnico-scientifiche. Chi ci rimette? Prima di tutto i ragazzi, i precari e la scuola stessa. Come si può risolvere questo problema? Bandendo i concorsi e in effetti nel 2020 sono stati banditi. A questo proposito vorrei esprimere alcune considerazioni sul Concorso Ordinario Docenti 2020 che si è appena svolto. Sono docente di ruolo dal 2016, per raggiungere questo risultato ho superato nel 2012 la selezione per il Tfa I ciclo (per ottenere l’abilitazione) e il Concorso Ordinario del 2016. La prima selezione consisteva in tre prove (a crocette, scritto e orale), la seconda in uno scritto e un orale. Sento il dovere di non tacere di fronte alla situazione vergognosa a cui sto assistendo. Le percentuali dei promossi di oggi dopo la prima prova a crocette, parlano chiaro: il test a cui sono sottoposti i candidati del Concorso indetto nel 2020 (due anni fa) consta di 50 domande a quiz che prevedono quattro possibili risposte su contenuti disciplinari, competenze informatiche e linguistiche. Negli allegati al bando del Concorso, come sempre, sono indicati gli argomenti: in modo generico, ovviamente. Che cosa significa dover sapere tutto di Italiano, Storia e Geografia o di Matematica e Scienze o di Tecnologia, senza indicare precisi testi di riferimento sui quali prepararsi? Ho purtroppo visto le domande fatte ai miei colleghi: bocciati per non aver saputo rispondere a quesiti posti su argomenti che mai sarebbe possibile esporre in una classe. Qual è l’intento? Io sono indignata dall’umiliazione a cui sono sottoposti docenti che insegnano da anni, che svolgono con dignità e passione il loro lavoro, che nonostante tutte le difficoltà entrano in classe pensando ai loro ragazzi e a trasmettere loro conoscenza, educazione e senso civico. Chi ha preparato questi test vorrei spiegasse di persona perché porre proprio quelle domande: qual è lo scopo. Come io sono tenuta a firmare ogni compito, verifica o documento che riguarda e valuta i miei alunni, così vorrei sapere i nomi di coloro che hanno lavorato per offrire questo tipo di selezione. Dalla tipologia delle domande sembra non conoscano proprio il mondo della scuola e come si lavora con i ragazzi. Possibile che gente che insegna da anni, che ha i titoli di studio per farlo (diploma, laurea, esame di Stato e in numerosi casi anche il dottorato), non superi in percentuali così elevate un test a crocette? Ma allora ci sono le stesse probabilità di vincere un montepremi a «Chi vuol esser milionario». Non capisco e vedo un’ingiustizia profonda. Con che animo dovrebbero entrare in classe i docenti ritenuti «non idonei» dallo Stato per cui lavorano e che ogni anno ha bisogno di loro per far funzionare il sistema scolastico? Esprimo tutta la mia solidarietà verso i miei colleghi che si impegnano ogni giorno, che hanno affrontato come tutti le difficoltà dovute al Covid con la stessa determinazione di chi ha la sicurezza del posto fisso, che svolge un mestiere che è ancora accusato di essere quello che gode dei tre mesi di vacanza estivi e di poche ore di lavoro alla settimana. Mi auguro davvero che il proposito dell’attuale Ministro Bianchi di bandire i Concorsi con una cadenza regolare possa realizzarsi e che la selezione la prossima volta sia fatta da persone che nella scuola lavorano in prima persona. Subire un’ingiustizia è tremendo, ma anche assistere comporta, ne sono convinta, il dovere di esprimere il proprio indignato dissenso.

// D. Pelizzari Gentile insegnante, per fortuna in questo nostro Paese si può ancora liberamente esprimere «un indignato dissenso» quando lo si ritenga opportuno. Da parte mia mi limito ad una semplice considerazione: forse ad esser ripensato seriamente a questo punto non dovrebbe essere il solo questionario del concorso quanto un po’ tutto l’iter di formazione e di selezione degli insegnanti impegnati nel sistema scolastico italiano. E tutto questo non soltanto per evitare delle inutili umiliazioni alle persone (cosa giusta) ma anche per rafforzare le competenze e per consolidare la scelta e le motivazioni di quanti e quante aspirano ad una nobile e fondamentale professione come l’insegnamento a scuola. (g.c.)

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