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Ragazza scomparsa, il fratello di Saman: «È stata strangolata»

La testimonianza indirizza sulla modalità di uccisione della 18enne pachistana. Spunta anche un video dalle telecamere di sorveglianza
Un fermo immagine del video dalle telecamere di sorveglianza - Foto Ansa  © www.giornaledibrescia.it
Un fermo immagine del video dalle telecamere di sorveglianza - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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«Secondo me l'ha uccisa strangolandola, anche perché quando è venuto a casa non aveva nulla in mano». Parla il fratello di Saman Abbas, la 18enne pachistana scomparsa da oltre un mese a Reggio Emilia. È la sua testimonianza a indicare per la prima volta la possibile modalità di uccisione della giovane per mano dello zio Hasnain Danish, attualmente ricercato dai carabinieri e dalla Procura di Reggio Emilia. 

Stando al racconto del sedicenne, che porta un nuovo tassello nel caso della giovane probabilmente uccisa per aver rifiutato un matrimonio combinato dalla famiglia e aver voluto adottare uno stile di vita occidentale, proprio come Hina Saleem, Danish avrebbe «pianto molto» e minacciato il minore «di non dire nulla ai carabinieri, con conseguenza la mia uccisione». Non avrebbe detto invece nulla su dove è stato nascosto il corpo, che gli inquirenti stanno ancora cercando. Secondo il testimone, nella notte tra il 30 aprile e l'1 maggio lo zio avrebbe detto ai genitori: «Ora andate in casa. Ora ci penso io». Proprio la sera del 30 aprile Saman aveva tentato di fuggire e aveva avuto una violenta lite con i genitori, in cui aveva chiesto al padre di darle i suoi documenti. Lui le aveva chiesto se voleva sposare qualcuno e lei aveva risposto che voleva solo andare via. Poi aveva preso le sue cose ed era fuggita. Il padre allora aveva chiamato lo zio perché la riportasse a casa. Lo zio era poi tornato, dicendo che tutto era sistemato. È quanto emerge dall'ordinanza di custodia in carcere del gip di Reggio Emilia per cinque indagati, padre, madre, zio e due cugini della ragazza. 

La testimonianza del fratello, ora in comunità protetta, è ritenuta dal Gip «piena prova indiziaria» della responsabilità dello zio nell'omicidio e «particolarmente credibile». Del corpo «io gliel'ho chiesto - ha raccontato il minorenne - in quanto volevo abbracciarla un'ultima volta. Lui mi ha risposto di non potermelo dire». 

Saman Abbas, scomparsa dopo essersi opposta a un matrimonio combinato - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Saman Abbas, scomparsa dopo essersi opposta a un matrimonio combinato - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Non solo, ma spunta anche un video dei carabinieri in cui si vedono tre persone vestite con abiti scuri che camminano imbracciando una pala, un secchio con un sacchetto e un attrezzo alle 19.30 del 29 aprile vicino alla casa di Saman Abbas. Secondo gli investigatori i tre uomini ripresi sarebbero lo zio della ragazza pachistana scomparsa e due cugini, che stavano andando a scavare la fossa per la giovane. Uno dei cugini è stato fermato in Francia nei giorni scorsi e si attende che venga consegnato alle autorità italiane.

La Procura di Reggio Emilia contesta comunque la premeditazione ai cinque indagati per l'omicidio di Saman Abbas, come confermato dalla procuratrice Isabella Chiesi, che ha aggiunto: «Difficile sapere adesso chi è l'esecutore materiale, non sappiamo neppure la modalità». A Danish Hasnain però è attribuita la frase choc che ha catalizzato su di lui l’ipotesi di omicidio: «Abbiamo fatto un lavoro fatto bene» avrebbe scritto in una chat a una persona a lui vicina, parlando della nipote. 

Dagli ultimissimi aggiornamenti è emerso che Saman Abbas era tornata a casa l'11 aprile per recuperare i suoi documenti, dopo che da novembre era stata in una comunità protetta. Il 22 aprile si era rivolta ai carabinieri per denunciare i genitori che non volevano consegnarglieli e cercavano di costringerla a un matrimonio combinato. La successione dei fatti è ricostruita dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal Gip di Reggio Emilia Luca Ramponi sui fatti di Novellara. Il 5 maggio l'assenza della giovane e dei genitori, partiti per il Pakistan il primo maggio, è stata scoperta quando i militari sono andati a fare una perquisizione nella casa, proprio con l'obiettivo di recuperare i documenti.

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