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Caso Yara, Bossetti: «Quel Dna non mi appartiene»

Per la prima volta l'imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio ha messo in dubbio che il Dna trovato sul corpo della ragazza uccisa sia suo
Bossetti nella gabbia degli imputati (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
Bossetti nella gabbia degli imputati (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
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«Quel dna non mi appartiene». Per la prima volta, Massimo Bossetti, imputato per l’omicidio di Yara Gambirasio ha messo in dubbio, nel corso del suo interrogatorio, che il dna trovato sul corpo della ragazza uccisa sia suo.

«È un Dna strampalato, e che per metà non corrisponde», ha detto il carpentiere a proposito della mancata corrispondenza tra il dna nucleare e quello mitocondriale.

L’interrogatorio è iniziato alle 9.40. in aula anche la moglie Marita Comi. È botta e risposta tra il pm Letizia Ruggeri e Massimo Bossetti.

«È dal giorno del mio arresto che mi chiedo come sono finito in questa vicenda - ha proseguito Bossetti - visto che non ho fatto niente e voi lo sapete». Il pm Letizia Ruggeri ha ribattuto che un giudice ha ritenuto che dovesse rimanere in carcere e un altro che gli elementi a suo carico sono stati giudicati tali da sostenere un giudizio. «Evidentemente la vicenda non è strampalata come dice lei» ha ribattuto la pm.

E poi Bossetti, molto carico e determinato nelle risposte, ha ribadito: «Quel Dna è a metà, è pieno di errori: tirate fuori le prove vere». Il muratore ha anche parlato della conoscenza con il papà di Yara, Fulvio Gambirasio: «L’ho visto qualche volta in un cantiere a Palazzago, dopo la scomparsa di Yara. E poi a un distributore di benzina, davanti alla palestra».

 

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