Ucraina, gli imprenditori bresciani: «Per ora non ci fermiamo»

«Stiamo monitorando la situazione con prudenza e siamo in costante contatto con i nostri collaboratori attivi nel sito ucraino, alcuni di loro sono bresciani» racconta il presidente della Condor Trade di Verolanuova, Virginio Fidanza. «Per il momento - ammette - nonostante il recente sollecito ricevuto dalla Farnesina, abbiamo concordato con loro che non lasceranno il Paese, ma valuteremo al meglio l’evolversi di questa fase».
A Kiev ha sede la JV Rif-1, società controllata dal gruppo calzaturiero della Bassa Bresciana. «A luglio saranno trent’anni che lavoro in Ucraina - continua il presidente Fidanza -: quella fabbrica vanta una significativa forza lavoro. La produzione non ha avuto fin qui intoppi, pare addirittura che il timore di una guerra imminente sia più sentito fuori dai confini nazionali. Giovedì sera siamo stati convocati dall’ambasciatore italiano a Kiev e in accordo con altri imprenditori italiani abbiamo deciso di rimanere in Ucraina e proseguire le nostre attività». Fidanza palesa tuttavia la sua legittima preoccupazione: «In primis per tutte le persone che lavorano per noi - sottolinea la figlia Silvia - e ovviamente anche per il futuro delle nostre produzioni. In Ucraina lavoriamo bene, stiamo investendo e abbiamo già vissuto una guerra». L’annessione della Crimea alla Russia risale infatti al 2014.
Ad alcune centinaia di chilometri a Ovest di Kiev, a Sutysky (Oblast di Vinnytsia) opera la Valrom, società controllata dalla Valsir (gruppo Silmar) di Vestone. «Lì produciamo tubi e raccordi per il settore idrotermosanitario - spiega il presidente Andrea Niboli -. Nella fabbrica contiamo una manodopera di circa 100 addetti e nelle ultime settimane, anche se non c’è stato uno stop, abbiamo riscontrato un rallentamento della produzione dovuto evidentemente a questa situazione delicata». Niboli non ha avuto contatti con l’ambasciata italiana e senza mascherare i suoi timori resta alla finestra in attesa di segnali più distensivi.Nel frattempo la Farnesina invita tutti gli italiani in Ucraina a rientrare «in via precauzionale». Mentre sul terreno la tensione è sempre più alta, dopo una riunione straordinaria dell’Unità di Crisi tutta dedicata alla minaccia russa ai confini dell’Ucraina è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ad annunciare le decisioni prese. I circa duemila italiani che vivono nel Paese, la maggior parte dei quali nella capitale Kiev, sono invitati a salire su un aereo commerciale e tornare in patria il prima possibile. A chi è in Italia, «considerata la situazione di incertezza ai confini», viene invece chiesto di «posticipare tutti i viaggi non essenziali verso l’Ucraina», in particolare quelli «a qualsiasi titolo nelle regioni di Donetsk e Lugansk ed in Crimea», che sono «sconsigliate». Termini diplomatici per sottolineare la pericolosità degli spostamenti in un momento particolarmente delicato.
Ma non solo: «Un’altra disposizione presa - ha aggiunto Di Maio - è quella di far rientrare tutto il personale della nostra sede diplomatica a Kiev non essenziale». Una decisione che non implica la chiusura dell’ambasciata, ha assicurato il ministro, che «resta pienamente operativa». L’escalation ai confini dell’Ucraina del resto ha spinto tutte le principali cancellerie occidentali a richiamare i propri connazionali. Anche se l’obiettivo è e resta la de-escalation, in una giornata carica di tensione ma anche di contatti diplomatici. «Lavoriamo tutti al fine di evitare un’escalation», ha assicurato Di Maio, sottolineando che si sta cercando «una soluzione diplomatica e ci auguriamo che il prima possibile possano arrivare segnali tangibili in tal senso».
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