Italia e Estero

L’Ucraina verso la guerra: non c’è intesa tra Biden e Putin

Lungo dialogo telefonico tra i due presidenti. Ma Washington e Mosca non si fanno concessioni e ora Kiev rischia
Addestramento. Militari ucraini - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
Addestramento. Militari ucraini - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
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Soffiano sempre più forti i venti di guerra sull’Ucraina. Dopo l’allarme degli Usa sul rischio di un’invasione imminente - mercoledì 16 il d-day per la Cia -, la diplomazia tenta di giocare le ultime carte per evitare lo scontro armato. Ma dal colloquio tra i presidentI di Usa e Russia, Joe Biden e Vladimir Putin, non è arrivata alcuna svolta.

In una telefonata durata poco più di un’ora, i due leader hanno sostanzialmente ribadito le proprie posizioni. Mentre sul terreno anche l’Italia ha richiamato i suoi connazionali.

I resoconti ufficiali dello scambio tra gli attori principali della crisi - anticipato su richiesta americana - restituiscono uno stallo che le cancellerie non sembrano in grado di superare. L’inquilino della Casa Bianca «è stato chiaro», avvertendo che in caso di attacco l’Occidente risponderà in modo «deciso» e imporrà «costi severi», fanno sapere gli Usa, sottolineando che «restano impegnati alla diplomazia ma sono pronti, con gli alleati e i partner, anche ad altri scenari». E se il Cremlino conferma che i leader si sono detti d’accordo nel proseguire il dialogo, prendendo in considerazione le proposte di Biden ma definendole già insufficienti, Mosca non risparmia una stoccata, parlando di «isteria americana al suo apogeo».

La diplomazia delusa

Poco promettenti erano del resto le premesse, dopo la telefonata preparatoria tra i responsabili delle rispettive diplomazie. Se Antony Blinken ha parlato di «segnali molto preoccupanti di un’escalation della Russia, come l’arrivo di nuove truppe al confine con l’Ucraina», Serghei Lavrov è tornato ad accusare l’Occidente di aver «ignorato» le richieste di Mosca sulla sicurezza. Niente di nuovo insomma sul fronte orientale. Eppure Lavrov, riferisce la Cnn, anche dopo il circostanziato allarme Usa ha «negato che la Russia abbia intenzione di invadere l’Ucraina».

D’altro canto, anche l’ennesimo, lungo colloquio telefonico di Putin con il presidente francese Emmanuel Macron, appena prima di quello con Biden, ha riproposto le polemiche seguite al faccia a faccia (a 4 metri di distanza) al Cremlino. Un «dialogo sincero» non è compatibile «con un’escalation», ha avvertito il leader dell’Eliseo, ribadendo la «determinazione» occidentale ma ricevendo per tutta risposta l’accusa di aver lanciato «speculazioni provocatorie».

Cosa fa l'Italia

Così con il passare delle ore, le prospettive di un conflitto si fanno sempre più forti, come fa trapelare il Dipartimento di Stato Usa. Anche l’Italia si è aggiunta - con Germania, Olanda, Spagna, Svezia e Danimarca - alla lista dei Paesi occidentali che hanno invitato i propri concittadini a lasciare l’Ucraina, circa duemila residenti. «Lavoriamo tutti al fine di evitare un’escalation», ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, aggiungendo che «ovviamente lavoriamo a mantenere aperto un canale di dialogo con Mosca». Roma ha anche deciso il rientro, d’intesa con le ambasciate Ue nel Paese, del personale non essenziale della propria ambasciata a Kiev. A stretto giro è arrivato anche l’annuncio di Mosca, che a sua volta ha deciso di ridurre il personale diplomatico in Ucraina per il rischio di «possibili provocazioni».

A Kiev

Sul terreno, i segnali d’allarme si leggono anche nella scelta americana di ritirare quasi tutti i suoi militari presenti in Ucraina per addestrare le forze locali, poche ore dopo aver annunciato un rafforzamento del fronte polacco con l’invio di altre tremila truppe. Kiev, in tutto questo, continua a invitare i cittadini a «restare calmi, uniti all’interno del Paese, evitare azioni destabilizzanti e che creino il panico», mentre il presidente Zelensky ha insistito sul fatto che gli avvertimenti occidentali «causano il panico». Un clima testimoniato anche dalle reciproche accuse di provocazioni - i separatisti del Donetsk hanno riferito di un’esplosione a un km dalla linea di contatto, suggerendo che potrebbe essersi trattato di un video di propaganda ucraina - e dai falsi allarmi bomba in scuole o supermercati, moltiplicatisi in una guerra di nervi che minaccia sempre più di precedere quella con le armi.

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