La bici entra alla Cop26, non nel Codice della Strada

Ve lo ricordate il passo de «La mia banda suona il rock» che recita «Ci vedrete alla frontiera / con la macchina bloccata / ma lui ce l’avrà fatta / la musica è passata»? Mi è tornato in mente, per analogia, nelle ore della Cop26 di Glasgow, quando l’ultracyclist italiano Omar Di Felice è riuscito in un’impresa che rende banali la traversata dell’Alaska in inverno o la conquista del campo base dell’Everest sulle due ruote a pedali.
Dopo aver coperto in sette giorni i 2.000 km che dividono Italia e Scozia (legando idealmente i Paesi ospitanti G20 e Cop26) ha potuto introdurre la bici in sella alla quale era giunto a Glasgow nella sede dei lavori della conferenza sul clima: il mezzo più ecologico è giunto al cospetto dei grandi della Terra, quale simbolo di una mobilità sostenibile possibile. In sintesi: la bici è entrata all’Onu.
Ancora non è entrata invece nel Codice della Strada. Cercatela: troverete solo l’ottocentesco «velocipede». Norme che ne disciplinano l’uso ce ne sono, ma non quelle auspicate dai ciclisti, come la distanza minima laterale di 1,5 metri in fase di sorpasso, escluse ancora una volta dalla riforma varata dieci giorni fa, a proposito di frontiere che restano da varcare. Speriamo che la musica cambi presto. E che, come un rock bambino, porti la bici al di là di logiche e steccati anacronistici.
Dov'è la zona 30 in città? Il ritiro immediato della patente per uso del cellulare alla guida? E la distanza minima vitale per il sorpasso ai #ciclisti che è #legge in tutto il resto del mondo? Che delusione i nostri politici. #sicurezzastradale #unmetroemezzo #ciclismosicuro pic.twitter.com/WXk1jTaxUk
— ACCPI Assocorridori (@ACCPI1946) November 10, 2021
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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