Italia e Estero

Crisi in Ucraina: «Il popolo russo questa volta è con Putin»

Padre Fiorenzo Reati ha vissuto per 25 anni in Russia: «Non vuole che l’Ucraina entri nella Nato: deve rimanere paese cuscinetto disarmato»
Padre Fiorenzo Reati vive nel convento di via Callegari a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
Padre Fiorenzo Reati vive nel convento di via Callegari a Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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È vissuto per un quarto di secolo in Russia e per quindici anni ha insegnato Filosofia all’Università di san Pietroburgo. Padre Fiorenzo Reati, sacerdote francescano, dal convento di via Callegari a Brescia, dove oggi vive, segue con apprensione l’evolversi della crisi tra Russia e Ucraina. E lo fa rimanendo in stretto contatto con i suoi ex colleghi universitari, ma anche con le persone comuni con le quali ha condiviso un tratto significativo del suo percorso di vita.

La sua valutazione di quello che sta accadendo è, in buona misura, anche la mediazione del «sentire» dei russi, «un popolo spesso in dissenso con Putin, ma che in questa partita lo sostiene» afferma. «Siamo ad un passo dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia? Credo che l’attuale dispiegamento di forze sia uno strumento di pressione militare nei confronti della trattativa diplomatica. È un vezzo che la Russia ha sempre avuto nella sua storia».

Padre Reati ricorda che U Kraina si traduce con «al confine». Appunto, una terra di confine, linea di demarcazione tra un Est di matrice slava ed un Ovest più vicino ai principi fondanti dell’Unione europea. «La maggioranza dei russi teme la presenza della Nato ai confini con il Paese perché significherebbe avere le armi atomiche proprio a ridosso - racconta -. Inoltre, non possiamo dimenticare che l’Ucraina è storicamente un paese spaccato in due, con anime legate ad Oriente ed altre a Occidente.

Vero è che il referendum nella regione del Donbass in seguito al quale, nel 2014, si sono autoproclamate autonome le Repubbliche popolari di Doneck e di Lugansk, è stato frutto di una manovra illegale, ma dobbiamo ricordare che in quell’area l’80% della popolazione è russa. Quindi, non tutta l’Ucraina è per l’ingresso nella Nato, perché una parte significativa di essa guarda con interesse proprio alla Russia, con la quale ha molto in comune. La Storia ce lo insegna».

C’è un secondo punto di vista da tenere in considerazione e che padre Reati condivide con noi. «Quando ci fu la riunificazione delle due Germanie, nel 1989, l’esercito russo lasciò la zona Est del Paese e, contestualmente, Bush e Gorbaciov sancirono un patto, non scritto, in base al quale la Nato non avrebbe mai messo piede ai confini con la Russia. Un patto che in queste settimane è stato citato da Putin e non riconosciuto da Biden». Un terzo punto, meno diplomatico e più concreto, riguarda la produzione di armi.

Il presidente russo Vladimir Putin - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
Il presidente russo Vladimir Putin - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it

«Negli ultimi tre anni, anche se può sembrare marginale, il budget per le spese militari negli Stati Uniti è stato di tre volte superiore a quello della Russia - l’analisi di Reati -. Tutte queste armi gli americano dove le vendono? Devono, evidentemente, cercare mercati per i loro prodotti. In questa rete complessa di ragioni belliche, però, non dobbiamo dimenticare i giacimenti minerari nel mar Caspio ai quali guardano con interesse sia russi sia americani. Sono quelli - continua il sacerdote francescano - che i tedeschi durante la Seconda guerra mondiale hanno cercato di raggiungere con la battaglia di Stalingrado. Parliamo della zona di Volgograd, ex Stalingrad, Ucraina orientale».

Su tutto, ed oltre a tutto, rimane comunque quella traduzione di «U Kraina» con «al confine». Terra di confine, dunque, tra due Europe. Padre Reati: «La Russia chiede che l’Ucraina e i Paesi dell’Europa orientale, ex Patto di Varsavia, diventino un cuscinetto disarmato perché, oltre all’accordo non scritto ed ora disatteso tra Bush e Gorbaciov, questo darebbe sicurezza alle due superpotenze. Potrebbe essere l’inizio di un processo di disarmo in Europa».

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