Italia e Estero

Coronavirus, Johnson: «Misure drastiche in Gran Bretagna»

Il primo ministro annuncia: contagi in crescita. E chiede ai britannici di evitare pub, teatri e manifestazioni pubbliche
Boris Johnson durante la conferenza stampa in cui annuncia nuove misure di sicurezza
Boris Johnson durante la conferenza stampa in cui annuncia nuove misure di sicurezza
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Boris Johnson rompe ogni esitazione e ogni residua speranza di una via britannica fin troppo graduale alla lotta contro il Coronavirus. E impone la svolta: basta viaggi e spostamenti non indispensabili, ma soprattutto basta «contatti sociali non essenziali», basta pub, basta club, basta teatri o manifestazioni pubbliche di qualsiasi tipo. Dopo le polemiche sulla strategia dei passi intermedi seguita finora dal Regno a differenza degli altri, il primo ministro conservatore inaugura una nuova era di conferenze stampa quotidiane - annunciata in nome della «trasparenza» verso la pubblica opinione - per suggellare il cambio di passo.

Affiancato dal chief medical officer, Chris Whitty, e dal consigliere scientifico di Downing Street, Patrick Vallance, Johnson non decreta per il momento bandi o divieti formali, almeno in attesa del varo in Parlamento di una legislazione di emergenza ad hoc questa settimana.

Ma dà indicazioni draconiane valide per tutti, «senza eccezioni», per adeguare anche il suo Paese a quel «distanziamento sociale» che l’Oms predica e molte altre nazioni come l’Italia - «tre settimane» avanti rispetto all’Isola in termini di contagi e di decessi - stanno già adottando.

Il Governo «non sostiene più» lo svolgimento di manifestazioni collettive, afferma, spiegando che «la curva di crescita» della diffusione del virus si sta «avvicinando» al picco e che «senza misure drastiche» i contagi - giunti al momento al di là della Manica non oltre quota 1.543, con alcune decine di morti - potrebbero raddoppiare ogni 5-6 giorni.

Le nuove restrizioni, oltre all’invito al lavoro da casa «ovunque possibile», prevedono l’estensione dell’auto-isolamento a domicilio da una settimana a due per tutti quelli che abbiano febbre o tosse persistente e per chiunque viva con loro.

Mentre nella vita di ogni giorno «si dovranno evitare pub, teatri, club e luoghi di ritrovo» in genere: affollati spesso e volentieri nel Regno fino a quest’ultimo week-end. La raccomandazione ha particolare forza per le persone anziane o le donne incinte. E va presa sul serio «specialmente a Londra», dove l’infezione ha fatto la sua comparsa con qualche settimana d’anticipo rispetto ad altre zone del Paese, avverte BoJo; ma vale per tutti i sudditi di Sua Maestà e i tanti stranieri residenti. «Se necessario» il Governo e il ministro della Sanità hanno «poteri tremendi» nelle situazioni d’emergenza: pure di «vietare le strette di mano», prova ad alleggerire il clima Boris. Che tuttavia ad oggi si limita a dare una disposizione verbale fidando nella reazione collettiva di «una democrazia matura» di fronte a una sfida cruciale anche sul fronte economico, come nota il premier rispondendo a un reporter, spingendosi a evocare uno scenario più grave di quello della crisi globale del 2008.

Fra qualche giorno dovrebbe poi aggiungersi una quarantena generalizzata fino a 4 mesi per tutti gli ultrasettantenni, da «proteggere» in vista del picco di contagi secondo le parole di Johnson, perché «più vulnerabili» e a rischio concreto di morte.

Ridurre i decessi è del resto in questo momento «il nostro unico obiettivo», gli fa eco il professor Whitty, accantonando ogni riferimento al controverso auspicio dei giorni scorsi d’una cosiddetta immunità di gregge e ammonendo a non farsi illusioni sulla durata di misure destinate a restare in vigore «per mesi, non per due settimane».

Non senza rilevare che le vittime dirette del Covid-19 potranno anche essere poche in percentuale; ma il totale di quelle causate dal prevedibile «sovraffollamento» degli ospedali rischia di rivelarsi «significativo». Anche a considerare solo come «scenario peggiore» l’sos di un rapporto segreto secondo cui il Regno potrebbe avere fino a un 80% di popolazione infettata nel giro d’un anno e a 7,9 milioni di ricoveri: insostenibili per il suo azzoppato sistema sanitario malgrado la chiamata a raccolta «bellica» delle industrie per la produzione extra di ventilatori e attrezzature mediche.

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