Un bresciano riceve l'«Oscar» europeo per la ricerca

In qualsiasi modo la si voglia vedere la mobilità è destinata ad essere travolta dalla rivoluzione elettrica. Non sarà l’unica modalità di alimentazione del domani, con gas, idrogeno e persino carburanti sintetici pronti a contendersi il mercato, ma di certo l’elettrificazione avrà un ruolo di primissimo piano. Non è un caso che la Cina stia investendo miliardi e miliardi in fabbriche per la produzione di batterie al litio, il «cuore pulsante» dei veicoli elettrici.
E l’Europa insegue a grande distanza, dovendo scontare un grave ritardo rispetto al Dragone. L’Italia in questo contesto si trova in una posizione ancora più defilata rispetto a Paesi come la Germania. Il Vecchio Continente ha però un’arma a sua disposizione e questa arma si chiama ricerca scientifica.
Ed è in tale ambito che il nostro Paese può far sentire la sua voce, anche grazie ai «cervelli» bresciani. É questo il caso di Matteo Bianchini, bresciano doc e giovanissimo (è nato nel 1987) docente universitario di Inorganic active materials for electrochemical energy storage all’Università di Bayreuth, in Germania.
Grazie alla sua ricerca sulle batterie al sodio Bianchini ha ricevuto un Erc Grant assegnato dallo European Research Council, un finanziamento di 1,8 milioni e insieme un premio per la ricerca, il più importante nel territorio comunitario.
«È indubbiamente una grande soddisfazione - spiega Bianchini, formatosi inIngegneria fisica al Politecnico di Milano, dottore di ricerca in Francia e con alle spalle un post doc a Berkeley negli Stati Uniti -, che darà un grande impulso ai miei studi». Il ricercatore bresciano sta infatti lavorando sulle batterie al sodio, un’alternativa sostenibile e più sicura a quelle al litio. «Le "tradizionali" batterie per veicoli elettrici sono infatti realizzate con specifici materiali - sottolinea -. Il litio liquido è l’elettrolita, allo stato solido con nichel e cobalto serve per anodo e catodo».
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Questi sono tutti materiali di difficile reperibilità, «soprattutto per l’Europa visto che le principali riserve di litio mondiali sono in Sud America e in Australia», e difficili da smaltire. Sostituendo perciò il litio con il sodio e il cobalto e il nichel con materiali come ferro o manganese si ovvierebbe perciò alla carenza. «Il sodio come elettrolita può inoltre essere utilizzato allo stato solido, a differenza del litio che allo stato liquidio e molto infiammabile - precisa Bianchini -. Questo nuovo tipo di batteria sarebbe perciò più sicuro».
Ci sono però anche dei ma. «Il sodio è più pesante è ha meno densità di energia - evidenzia -. Stiamo studiando proprio per ovviare a questi difetti, per migliorare le performance delle nuove batterie». In ogni caso è attraverso la ricerca che l’Europa può conquistare il mercato della mobilità elettrica «ma siamo molto indietro, soprattutto in Italia - chiosa il docente -. In Germania le grandi aziende e il pubblico stanno investendo molto, come dimostra la nuova università di Bayreuth nella quale insegno».
Matteo Bianchini non vuole però parlare di fuga di cervelli dal nostro Paese, soprattutto analizzando la sua personale esperienza. «Sono andato via dall’Italia per conoscere nuovi modi di fare ricerca, per confrontarmi e crescere professionalmente - sottolinea Bianchini, che ha anche un fratello (Marco) che sta seguendo le sue orme studiando all’estero -. Certo è che in altre parti del mondo la ricerca è sostenuta con tantissimi soldi (la Baviera e l’università di Bayreuth insegnano ndr). Spero con il mio esempio di poter dare un contributo anche al mio Paese».
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