Nicolò Di Novo dà forma alla superficie in silicio che non ghiaccia per aerei e turbine

L’ingegnere, originario di Manerba, l’ha progettata insieme ai colleghi di UniTrento e Fondazione Kessler: ora la sfida è dotare delle stesse caratteristiche materiali come alluminio, titanio, acciaio e polimeri
L'ingegnere Nicolò Di Novo - © www.giornaledibrescia.it
L'ingegnere Nicolò Di Novo - © www.giornaledibrescia.it
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Nicolò Di Novo ha studiato il ghiaccio per frenarne la formazione. O meglio impedire che le piccolissime gocce di rugiada diventino brina con tutte le conseguenze negative del caso se il fenomeno si manifesta ad esempio sulle ali degli elicotteri, sulle turbine eoliche e sulle pompe di calore e per porvi rimedio è necessario ricorrere a molta energia e composti inquinanti.

L’ha fatto nell’ambito di un dottorato congiunto dell’Università di Trento e della Fondazione Bruno Kessler insieme a Nicola Pugno (ordinario di Scienza delle Costruzioni e a capo del Laboratory for bioinspired, bionic, nano, meta materials & mechanics del Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e meccanica) e Alvise Bagolini (Fbk). Il risultato sono delle superfici la cui micro-struttura impedisce la formazione del ghiaccio. Superfici per ora realizzate in silicio; la sfida è infatti quella di dotare delle stesse caratteristiche materiali come alluminio, titanio, acciaio e polimeri.

Gocce e foglie

Nicolò Di Novo abita a Manerba. All’Università di Brescia ha conseguito la laurea triennale in Ingegneria Meccanica e dei Materiali e quella magistrale in Meccanica, curriculum Biomeccanica. A Trento ha svolto il dottorato di ricerca. Adesso è alle prese con il post-dottorato insieme a Bagolini e Pugno. Inoltre con quest’ultimo insegna Scienze delle costruzioni.

«A Trento - racconta l’ingegnere - ho approfondito la scienza delle superfici e dell’acqua, un mondo affascinante e complesso in cui le protagoniste sono piccole gocce che aderiscono, scivolano o saltano sui materiali solidi a seconda che questi siano più o meno rugosi e più o meno affini all’acqua».

La natura è stata per lui una grande fonte di ispirazione: «Alcuni cactus delle Ande hanno spine micro-scanalate e idrofiliche che massimizzano la raccolta di rugiada considerato quanto siano rare le precipitazioni; lo Scotano, pianta comune nelle nostre montagne, ha invece foglie così idrofobe che le micro-gocce di rugiada schizzano via quando si toccano (per coalescenza) e questo rallenta la formazione della brina».

Come funziona

Il meccanismo che porta una superficie a ghiacciare è semplice: «Quando un materiale si raffredda sotto lo zero e viene esposto all’aria umida si formano piccole gocce superfredde, delle quali alcune ghiacciano spontaneamente. Per le altre serve una sorta di "aiutino": gelano, infatti, quando vengono raggiunte dai ponti di ghiaccio che crescono da quelle già solidificate». Da qui l’idea di impedire la formazione di questi «ponti» realizzando «superfici in silicio strutturate con micro-coni superidrofobi che fanno "schizzare via" le singole gocce di condensazione che crescono tra essi».

«Piste taglia ghiaccio» tanto piccole quanto potenti basti pensare che «con studi teorici e processi di micro e nanofabbricazioni nei laboratori di Fbk abbiamo spinto l’anti-brinamento a un limite mai raggiunto». Un successo che ha portato i tre a conquistare le copertine di pubblicazioni scientifiche come Acs Nano e Advanced Material Interfaces.

Ora il lavoro continua: «Queste superfici anti-brinamento danno nuove idee su come affrontare il problema della formazione di ghiaccio sugli aerei, nelle macchine termiche (refrigeratori e pompe di calore di edifici e auto elettriche), sulle linee dell’alta tensione e sui sensori. Proseguiamo quindi la ricerca con lo scopo di replicare tali proprietà su materiali di utilizzo comune come alluminio e polimeri».

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