Green jobs, oltre il 90% delle aziende non dispone di competenze adeguate

Marco Papetti
A lanciate l’allarme l’Alta scuola per l’ambiente: «In 5 anni saranno chieste a sei lavoratori su dieci»
Al tavolo Ubiali, Del Bono, Beretta, Vischi, Morandi, Troncatti, Zoboli - © www.giornaledibrescia.it
Al tavolo Ubiali, Del Bono, Beretta, Vischi, Morandi, Troncatti, Zoboli - © www.giornaledibrescia.it
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«Insieme all’implementazione dell’intelligenza artificiale, la transizione verso il verde è la grande rivoluzione del mercato del lavoro». Così Alessandra Vischi, direttrice del master «Gestione e comunicazione della sostenibilità. Formazione, green jobs, circular economy» dell’Alta scuola per l’ambiente (Asa) della Cattolica di Brescia, si è espressa nella lezione inaugurale del corso in cui relatori dal mondo istituzionale, accademico e imprenditoriale hanno affrontato il tema della trasformazione del lavoro per effetto del paradigma della sostenibilità ambientale.

Il convegno

I «green jobs» saranno sempre più richiesti, «dalla finanza alla produzione, dai servizi all’agricoltura, e lo sviluppo delle risorse umane nelle aziende non può non tenerne conto», ha aggiunto Vischi. Occorre però migliorare: «Il 94% dei datori di lavoro oggi non ha in azienda le competenze necessarie a raggiungere i propri obbiettivi di sostenibilità». Competenze che «verranno richieste a sei occupati su dieci nel prossimo quinquennio, ma già oggi più della metà dei green jobs è irreperibile. I profili più ricercati sono in posizioni strategiche: produzione, logistica, comunicazione e marketing, sviluppo delle risorse umane».

Il direttore di Asa Roberto Zoboli ha inquadrato i green jobs nell’economia in mutamento: «Sono sostitutivi di altre attività lavorative, l’economia verde è per certi versi un’economia di sostituzione, i posti di lavoro che genera non sono netti. In ogni caso il sistema del business è decisamente incanalato su transizione di sostenibilità, cambiamento climatico e net zero».

Una «transizione epocale» secondo Martino Troncatti, presidente della Fondazione Enaip Lombardia: «Richiede nuove professioni, nella logica degli “Esg”, ma soprattutto un processo di riqualificazione dei mestieri esistenti: un problema che anche le aziende devono porsi, così come le università».

Di una categoria particolare di green jobs, gli «eco-social works», ha parlato la responsabile dell’area ricerca di Asa Ilaria Beretta: «Sono chiamati a rispondere alle sfide sociali causate dalla crisi ecologica e richiedono che si passi da una visione emergenziale a una preventiva. Sono più diffusi in nord Europa, in Italia meno. Rispondono alla necessità di concentrarsi sull’interconnessione tra bisogni della persona e della natura».

Imprese e politica

Al tavolo anche due rappresentanti dell’imprenditoria, Mario Ubiali, ceo di Thimus, azienda che applica la neuroscienza alla creatività alimentare, e Francesca Morandi, consigliera d’amministrazione di Siderweb . Per il primo, il rischio è «esternalizzare il tema sostenibilità ad alcune professioni, mentre le nuove generazioni pretendono una continuità olistica tra lavoro, identità sociale, tempo libero e militanza». Per Morandi «è fondamentale lavorare sulla formazione e investire sui giovani: anche nelle nostre filiere tradizionali - ha detto - si intravedono lavori che saranno interpretati soprattutto dai giovani».

Dei green jobs, infine, secondo il vicepresidente del Consiglio regionale Emilio Del Bono devono servirsi anche le istituzioni, chiamate a «far comprendere i benefici di ciò che appare scomodo ma che nel medio termine è vincente: per questo hanno bisogno di competenze, professionalità, scienza e ricerca».

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