Garda

In Russia sulle tracce dello zio, l’avventura di Christian Abate

A piedi nella steppa lungo la tratta della ritirata. Trovate le piastrine di due soldati
  • Sulle tracce dello zio, per 150 km a piedi nella steppa di Nikolajewka
    Sulle tracce dello zio, per 150 km a piedi nella steppa di Nikolajewka
  • Sulle tracce dello zio, per 150 km a piedi nella steppa di Nikolajewka
    Sulle tracce dello zio, per 150 km a piedi nella steppa di Nikolajewka
  • Sulle tracce dello zio, per 150 km a piedi nella steppa di Nikolajewka
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  • Sulle tracce dello zio, per 150 km a piedi nella steppa di Nikolajewka
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    Sulle tracce dello zio, per 150 km a piedi nella steppa di Nikolajewka
  • Sulle tracce dello zio, per 150 km a piedi nella steppa di Nikolajewka
    Sulle tracce dello zio, per 150 km a piedi nella steppa di Nikolajewka
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Scegliere di ricordare Nikolajewka ripercorrendo il cammino della divisione alpina Tridentina in Russia: Christian Abate sabato è tornato al suo paese, Lonato, dopo aver compiuto più di 150 chilometri a piedi nel gelo della steppa russa. Nove giorni è durata la commemorazione dell’avvocato lonatese, membro degli Alpini di Calcinato e del gruppo che era con lui: una decina di persone in tutto, tra cui il valtrumplino Roberto Bettinsoli.

Ricordando i «ragazzi sfortunati, caduti vittime della follia umana», Abate ha citato il prozio Tarcisio, disperso in Russia nel 1943, la cui Croce al Merito e Medaglia Commemorativa delle tre campagne cui prese parte sarà consegnata in una cerimonia in programma per l’11 febbraio. Ma ora che finalmente Christian Abate è a casa, ancora non può riposare: «Non chiudo occhio - racconta - e continuo a rivivere l’incredibile avventura che ho vissuto a partire dal 18 gennaio. Per tutto il cammino è stato come essere in contatto costante con i poveri ragazzi caduti: ogni sera effettuavamo un briefing storico, in cui a turno esponevamo gli eventi bellici salienti dalla tappa del giorno successivo».

Alloggiati in isbe gestite da babuske, si sono visti costretti a modificare alcuni percorsi a causa della neve, quest’anno eccezionalmente alta: «Ma i nostri ragazzi a quei tempi non hanno avuto tregua. I piccoli disagi che abbiamo scelto per commemorare al meglio quei giovani, non possono nemmeno lontanamente essere avvicinati alla sofferenza disperata che è stata loro imposta.

Esposti alla fame, al gelo molto più intenso di quello di oggi, alla privazione di ogni sostentamento, alla scarsità di vestiario, all’insufficienza di direttive, non hanno avuto nemmeno un sepolcro in cui riposare. Ho pianto - continua Christian Abate - davanti all’ultimo cippo che ho visto a Nikolajewka. Mi hanno detto che lì sotto riposano i nostri soldati, ma che in realtà nemmeno si tratta di una fossa comune, quanto di un luogo delimitato da una scarpata, ora coperta di neve e alberi, dove i resti dei nostri soldati sono stati semplicemente lasciati cadere».

Lungo il cammino il gruppo ha reperito due piastrine di riconoscimento di alpini caduti: saranno riconsegnate ai parenti, non appena saranno rintracciati.

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