Zini: «Il Sistema Brescia aiuterà i lavoratori della Stanadyne»

La crisi dell’auto in Europa è stata il tema più disquisito anche al tavolo di Confindustria di ieri. Gli imprenditori al vertice dell’associazione cittadina hanno rimarcato gli errori di strategia commessi dalla Ue, pur condividendo gli obiettivi green perseguiti dalla Commissione Von der Leyen, e hanno riproposto la «neutralità tecnologica» come soluzione a questa fase di impasse, di cui si cominciano a riscontrare i primi effetti drammatici anche sul nostro territorio.
La vertenza della Stanadyne è evidentemente il caso più emblematico. L’azienda di Castenedolo opera nel settore dell’automotive, realizza iniettori per i motori diesel e fa capo a una multinazionale americana, che mercoledì mattina ha annunciato la messa in liquidazione della società e la conseguente cessazione della produzione entro giugno 2025. Una doccia fredda per il centinaio di lavoratori impiegati nello stabilimento bresciano, che affiancati dalla Fiom Cgil hanno subito convocato un’assemblea permanente fuori dai cancelli della Stanadyne, chiedendo alla proprietà di ritirare la messa in liquidazione dell’azienda.
Il loro appello, almeno per il momento, non è stato accolto dal presidente Angelo Rodolfi. Verrà comunque riproposto lunedì in un incontro fissato nella sede di Confindustria Brescia. Antonio Ghirardi e Barbara Basile della Fiom già mercoledì mattina, al termine dell’incontro con i legali della Stanadyne, avevano coinvolto Confindustria Brescia nella vertenza, riconoscendo nei rappresentanti dell’associazione di via Cefalonia «degli interlocutori seri» per trovare una soluzione alla controversia aperta con il gruppo americano.
Parole di stima accolte e ricambiate dal vicepresidente di Confindustria Brescia con delega alla Relazioni industriali, Roberto Zini. «Abbiamo di fronte a noi mesi difficili, soprattutto per chi opera nel mondo dell’auto - non nasconde -, ma sono sicuro che il Sistema Brescia saprà aiutare ed eventualmente ricollocare i dipendenti della Stanadyne, soprattutto se essi vantano quelle competenze molto apprezzate dal mercato del lavoro».
La vertenza Stanadyne, peraltro, presenta diverse affinità con la vicenda della Timken di Villa Carcina.
Anche in quel caso, era il luglio del 2021, la proprietà americana annunciò a sorpresa la chiusura dello stabilimento, lasciando nel buio oltre 100 addetti. L’incubo, però, svanì pochi mesi dopo con l’intervento di un investitore, il gruppo Camozzi, che rilevò azienda e lavoratori grazie anche all’«intermediazione» di Confindustria Brescia. Zini e la sua squadra, con tutta probabilità, si sono già rimessi al lavoro.
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