Timken dice «sì» a Confindustria Brescia sulla riconversione

Il via libera è arrivato nella tarda mattinata di ieri, direttamente dalla sede di North Canton, in Ohio. Timken Company apre al progetto «su due direttrici» lanciato da Confindustria Brescia per trovare soluzioni a tutela dei dipendenti e dell’economia del territorio. Ovvero il ricollocamento dei lavoratori in altre realtà industriali del territorio, ma anche la ricerca di un possibile acquirente del sito produttivo. L’apertura è su entrambi i fronti, lo precisa una nota della società: «Accogliamo con favore l’impegno di Confindustria Brescia a coadiuvarci per la ricerca di soluzioni per tutelare tutti i dipendenti dello stabilimento e l’economia del territorio a fronte della decisione di chiusura dello stabilimento di Villa Carcina». E ancora, «ci impegniamo a continuare a lavorare con tutti gli attori locali e le istituzioni anche per favorire la riconversione del sito trovando l’operatore giusto che introduca un business sostenibile e contribuisca a sostenere l’occupazione locale».
Nove ricollocati. Il passaggio non era del tutto scontato, soprattutto per quanto riguarda la soluzione della riconversione con annessa cessione del sito ad un possibile acquirente. Ma allo stato attuale prevale la strada della ricollocazione dei dipendenti in altre realtà del territorio. La società ha infatti affidato ad una società di networking - la Gi Group - il compito di trovare posizioni lavorative coerenti con l’inquadramento dei lavoratori. Questo è certamente un momento storico in cui c’è forte richiesta di personale qualificato. I primi nove lavoratori sono già stati ricollocati - spiega il vicepresidente di Confindustria Brescia, Roberto Zini - mentre per altri 54 i colloqui sono in corso. L’azienda, ricordiamo, ha messo a disposizione delle somme in denaro per incentivare le dimissioni in caso di nuovo lavoro (circa 9mila euro per ogni lavoratore, si tratta del denaro che l’azienda spenderebbe in ogni caso per il passaggio alla liquidazione del lavoratore). Senza contare che l’«alleggerimento» delle maestranze, potrebbe essere funzionale alla ricerca di un possibile acquirente, rendendo l’investimento più interessante.
Modello Brescia. Una cosa è certa: questa vertenza potrebbe rappresentare una sorta modello in vista del ddl «anti delocalizzazioni» allo studio proprio in queste settimane a Roma. In poche parole secondo il Governo, l’azienda che decide di chiudere il sito produttivo in Italia, dovrà predisporre un piano per limitare le ricadute occupazionali e produttive, e sarà tenuta a pagare le azioni di politica attiva per gestire in maniera non traumatica i possibili esuberi, un po’ come stanno facendo Timken e Confindustria Brescia. Per questa ragione gli occhi del Mise sono puntati su Villa Carcina: il caso Timken diventa laboratorio sul campo.
La palla ora passa alla Regione, tavolo competente nell’ambito della procedura di licenziamento collettivo. Sul tema ieri è intervenuto anche l’assessore Guido Guidesi: «Confermiamo la piena disponibilità a mettere in campo tutti gli strumenti funzionali alla ricollocazione dei lavoratori Timken e alla continuità del sito produttivo». «Posizione già espressa in tutti i tavoli. Rispetto alle specifiche misure di politica attiva metteremo in campo i nuovi strumenti attivati in questi mesi, come l'iniziativa "Formare per assumere" nonché il consolidato sistema delle "doti" e delle azioni di rete, che potrebbero essere particolarmente utili in questo frangente». «Ci aspettiamo che l'attuale proprietà rispetti gli impegni che ha annunciato sulla ricollocazione.
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