Pensioni, retromarcia a metà: in manovra salvo il riscatto della laurea

Nonostante il fischio finale in Aula da parte della premier Giorgia Meloni la maggioranza continua a litigare sulle pensioni. La Lega, che da giorni si sfila e punta i piedi su diversi dossier caldi continua a essere in sofferenza e va all'attacco sulla riformulazione della norma proposta dal Mef che prevede la modifica solo della stretta sul riscatto della laurea, non quella sulle finestre mobili. Così, mentre il ministro Giorgetti, alla Camera, spiega e difende la misura («L'intervento sulle finestre mobili può essere cambiato quando si vuole», afferma tra l'altro), il suo collega di partito, Claudio Borghi, si scaglia contro il testo.
«È un passo in avanti che non ci siano i riscatti delle lauree, ma non ci sono le finestre. Chiediamo al governo una riformulazione differente», dice il relatore leghista alla manovra.
Il cortocircuito
È talmente evidente che, dopo una sospensione dei lavori e un vertice di maggioranza, ancora la quadra è da trovare e si attende un nuovo testo. Tutto questo con conseguente rallentamento dei lavori e la tabella di marcia preventivata dal governo che prosegue per stop and go. Poche, in effetti, le misure pesanti approvate finora.
Tra queste il taglio dal 4 al 3% del tasso applicato sugli interessi delle rate della rottamazione quinquies. Una norma targata Lega (che però chiedeva anche l'ampliamento della platea) ma rivendica almeno questo risultato. Via libera anche a una serie di interventi coperti con il ‘fondino’ per le modifiche parlamentari: si va dalle risorse contro l'antisemitismo proposte da Iv al contributo al Cnr (Avs).
Niente da fare invece per la norma sulle elezioni 2026 che il governo aveva provato a inserire in una riformulazione di un emendamento di Forza Italia. Il testo, per consentire per tutto l'anno votazioni anche nella giornata di lunedì, di fatto, avrebbe anticipato il decreto elezioni che viene di consueto varato prima delle consultazioni elettorali. Nella lettura delle opposizioni di fatto un gancio per poter poi stringere i tempi anche sul referendum sulla giustizia. Ma di fronte alle proteste in commissione, il governo sceglie di non procedere. Spunta, poi, una misura sul comparto delle armi, poi accantonata.
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