Economia

Nel Bresciano otto aziende su 10 con fatturato sopra i 20 milioni sono di famiglia

Secondo l'Osservatorio Aub, le imprese familiari bresciane non aprono il capitale a terzi e una su tre è guidata da over 70
A Brescia sono state aperte 184.500 nuove posizioni di lavoro - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
A Brescia sono state aperte 184.500 nuove posizioni di lavoro - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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La proprietà azionaria si eredita, non invece la capacità di gestire un’impresa. Per Giuseppe Grasso, ceo di Equita KFinance esiste un «limite genetico» che frena la crescita di molte imprese familiari. «Da vent’anni l’Italia fatica ad aumentare la produttività e questo è dovuto in gran parte alle dimensioni delle attività - spiega il manager -. Un piccola impresa familiare tendenzialmente non apre a manager esterni, non fa economie di scala, non ha i capitali necessari per ricerca ed innovazione. La finanza straordinaria non è solo un’opportunità, in molti casi diventa la strada obbligata».

È ruotato attorno a questo tema il partecipato incontro di Sarezzo su «Capitali per la crescita» promosso da Cassa Padana. L’istituto - spiegano il presidente Romano Bettinsoli e il direttore generale Andrea Lusenti - lavora da tempo a questo ambizioso progetto, «vogliamo affiancare le imprese e diventare punto di riferimento nel momento del passaggio generazionale».

I dati bresciani

La provocazione di Grasso non poteva essere più calzante. Nella provincia di Brescia - secondo uno studio dell’Osservatorio Aub, illustrato da Mauro Iacobuzio, head manager di Elite Borsa Italiana - oltre l’80% delle imprese con fatturato sopra i 20 milioni sono a controllo familiare, contro il 57% della media lombarda e il 65% della media nazionale. «Le imprese familiari bresciane non aprono il capitale a terzi, sono solo 9 quelle controllate da un private equity. Non solo, un’azienda su tre è guidata da over 70, incidenza che raggiunge il 40% nelle aziende di maggiori dimensioni».

Iacobuzio snocciola dati che fanno riflettere: «I leader che hanno meno di 50 anni sono poco più di 1 su 10, mentre all’inizio del decennio erano circa il doppio. Non solo, nell’ultimo decennio i consiglieri "giovani" con meno di 40 anni sono passati dal 30% al 15%».

Ricambio generazionale

Con dati del genere non stupisce che il ricambio generazionale rappresenti una preoccupazione, soprattutto per le aziende nate durante il boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta, che proprio oggi cominciano a interrogarsi su quale sia il modo migliore per passare il testimone.

È stato Sergio Simonini (affiancato dalla manager di Cassa Padana Sandra Martina Bassi, dopo i saluti del presidente della Provincia, Emanuele Moraschini) ad introdurre la serata. «Abbiamo scelto la Valtrompia perché è un territorio unico al mondo. Non c’è area del globo dove non sia presente un prodotto fatto in questa terra». «Il finanziamento alle imprese va rivisto ed adeguato - precisa Simonini - Il debito è come il vino buono, bisogna fare un alcol-test: ovvero il debito deve essere sostenibile. Ed il mercato dei capitali offre soluzioni».

La quotazione

Le analisi evidenziano che le imprese italiane quotate riportano livelli di crescita maggiore in termini di ricavi, investimenti e dipendenti e risultano più profittevoli delle controparti non quotate - spiegano Marco Clerici head of global financing di Equita e Luca Tavano, head of Mid&Small caps di Borsa Italiana - oltre ad essere più resilienti in contesti di crisi a livello macroeconomico. Queste imprese hanno un accesso migliore al mercato del debito e al finanziamento bancario, che permette loro di investire maggiormente rispetto alle imprese non quotate, maggiormente limitate alla generazione di cassa interna.

Strumento per avvicinarsi al mercato dei capitali si chiama Elite, che quest’anno compie 10 anni ed è arrivata a coinvolgere circa 2mila aziende tra italiane ed estere. Di queste solo 50 si sono quotate, ma ben un terzo ha chiudo operazioni di finanza straordinaria, tra M&A, private equity e private debt.

All’incontro di Sarezzo anche tre testimonianze d’imprenditori che hanno portato in Borsa le loro società: Diego Toscani, ceo di Promotica; Luigi Linotto di Neosperience e Daniele Peli di Intred. «La quotazione ci ha portato due grandi vantaggi - confida Diego Toscani -. Da una parte il finanziamento, dall’altra reputazione, visibilità e credibilità, fattori indispensabili per i risultati che abbiamo ottenuto».

Luigi Linotto ha invece posto l’accento sui «valori sociali dell’impresa e sulla passione per il lavoro: elementi chiave in ottica di quotazione». Infine Daniele Peli ha ricordato l’importanza della trasparenza e della comunicazione: «Il mercato è il socio che non si fa sentire, ma la cui pressione è sempre molto forte. L’azienda deve tener conto dei piccoli come dei grandi investitori».  

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