Economia

Mps conquista Mediobanca, ora il delisting: Nagel ai saluti

Si chiude l’opas lanciata da Siena: raccolte 506,6 milioni di azioni, il 62% del capitale
Luigi Lovaglio, ceo di Mps
Luigi Lovaglio, ceo di Mps
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Mps travolge le linee di difesa di Mediobanca e conquista con ampio margine la maggioranza assoluta di Piazzetta Cuccia. Dal prossimo 15 settembre, data di pagamento del corrispettivo dell’opas, l’istituto guidato da Alberto Nagel diventerà a tutti gli effetti una controllata del Monte, catapultato nella plancia di comando delle Generali.

Durante il periodo di adesione, sono state consegnate 506,6 milioni di azioni, pari al 62,29% del capitale, di cui il 16,5% ieri, ultima giornata utile per apportare titoli. A questo punto appare scontato che Siena, tra il 16 e il 22 settembre, quando verranno riaperti i termini per aderire, possa scavallare la soglia del 66,7% che permetterà all’ad di Mps, Luigi Lovaglio, di disporre della maggioranza necessaria per delistare Mediobanca attraverso una fusione e rendere più agevole un processo di integrazione che potrà dispiegare in tempi rapidi i 700 milioni di euro di sinergie promesse e avvalersi di 2,9 miliardi di crediti fiscali in sei anni.

Sotto la lente

Alla consegna delle azioni hanno fatto da apripista Delfin e Caltagirone, azionisti forti a Siena e Milano, che hanno aderito con il loro 30%. Il ritocco cash di 0,9 euro, deciso a inizio settembre, ha poi smosso quei soci che, con la loro astensione, avevano bloccato l’offerta difensiva di Mediobanca su Banca Generali, attirandosi le accuse di conflitto di interesse e dipendenza dal governo da parte di Nagel.

La filiale di Mediobanca Premier in largo Augusto a Milano - © www.giornaledibrescia.it
La filiale di Mediobanca Premier in largo Augusto a Milano - © www.giornaledibrescia.it

Un pacchetto del 12%, apportato dalle casse di previdenza, dai Benetton, da Amundi, Anima, Tages e anche da Unicredit. A loro si sono uniti anche grandi fondi e investitori istituzionali, tradizionale puntello del management di Mediobanca, come Vanguard, Fidelity, Blackrock e alcuni pattisti, come la famiglia Tortora e la famiglia Doris (che pure con il «cappello» di Mediolanum aveva preferito liquidare la quota), evidentemente convinti dal progetto di Lovaglio, che al titolo di «risanatore» può affiancare ora quello di «conquistatore».

Verso il cda del 18 settembre

A questo punto la strada per Mediobanca appare segnata. Il consiglio del 18 settembre, in agenda per il bilancio, non potrà che prendere atto del cambio di controllo e della vittoria di un progetto, quello di integrazione tra una banca commerciale e una banca di investimento specialistica, contro il quale il management di Piazzetta Cuccia ha tentato fino all’ultimo di difendersi, ma al quale alla fine il mercato ha dato credito. L’ipotesi più probabile è che Nagel e il cda rassegnino le dimissioni con effetto dall’assemblea che, da tradizione, si svolge il 28 ottobre.

L'ad di Mediobianca Alberto Nagel
L'ad di Mediobianca Alberto Nagel

Gli effetti di un cambiamento epocale – la fine di una Mediobanca in cui regnava l’autonomia del management – si potrebbero presto far sentire anche sulle Generali. Il Monte, nel cui azionariato svetta ancora il governo con l’11,7% del capitale, diventerà infatti il custode del pacchetto del 13,1% del Leone con cui Piazzetta Cuccia, avvalendosi del sostegno del mercato, aveva regnato a Trieste. Un pacchetto destinato a saldarsi con quelli di Delfin (10%) e Caltagirone (6,7%), che dopo alcuni anni di battaglie, escono vittoriosi, sotto la guida di Lovaglio, dal confronto con Mediobanca. Per il cda e il ceo del Leone, Philippe Donnet, nominati da Piazzetta Cuccia la scorsa primavera, si prospettano mesi impegnativi, con il progetto di fusione nell’asset management con Natixis – sgradito al governo e a Caltagirone e Delfin – che appare avviato su un binario morto.

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