Legge sulla partecipazione, i cda aprono le porte ai dipendenti

Dopo ben 77 anni l’articolo 46 della Carta Costituzionale – che regola «il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende» – presto potrebbe essere finalmente applicato. E, di conseguenza, rivoluzionare un pezzo del mondo del lavoro in Italia.
Perché dopo il passaggio nelle Commissioni riunite Lavoro e Finanze e dopo il voto favorevole della Camera dei deputati, la legge (rubricata nella versione approvata «Disposizioni per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese») oggi arriva al Senato della Repubblica, dove si è già tenuta l’audizione delle parti sociali. La Cgil comunque ha mostrato più di una perplessità sulla legge sulla partecipazione.
Iter infinito
E la strada della proposta di legge è stata lunga, spinta proprio dal secondo sindacato italiano sotto l’egida de «La Partecipazione al Lavoro» che ha portato alla raccolta di oltre 400mila firme depositate in Parlamento alla fine del novembre del 2023.
La legge, che ha mantenuto i contenuti più importanti della proposta di iniziativa popolare, si articola in 15 articoli suddivisi in 8 capi e intende promuovere la contrattazione collettiva di primo e secondo livello. Non solo: i lavoratori avranno la possibilità di entrare nei Consigli di amministrazione o, in altri casi, partecipare ai processi organizzativi – il tutto incentivato con una fiscalità agevolata.
«Sarà un momento storico perché cambierà il modo di intendere le relazioni industriali nel nostro Paese – spiega Pluda senza mascherare un certo entusiasmo –. Ci stiamo preparando ad una massiccia stagione di formazione per attuare questa legge, che non è un’imposizione ma è invece legata fortemente alla contrattazione. Una norma obbligatoria per tutti avrebbe rischiato, onestamente, di balcanizzare i settori produttivi».
Nel Bresciano
Il tessuto economico bresciano, comunque, non è nuovo a forme sperimentali di partecipazione dei dipendenti nelle rispettive aziende. Precorritrice di questo principio è stata la Metalcam di Breno, in Valcamonica, che ha dato la possibilità a tutti i dipendenti di partecipare al capitale sociale, attraverso la partecipazione ad un veicolo societario che coalizza l’intera forza lavoro.
Quasi vent’anni fa il 50% dei 260 lavoratori in forza alla società camuna ha acquisito il 10% del capitale sociale e – di conseguenza – il diritto di avere un proprio esponente nel consiglio di amministrazione dell’azienda.
Dalla Valle alla città
Anche Centrale del Latte di Brescia – la cui quota di partecipazione di maggioranza è detenuta dal Comune di Brescia – conta tra i propri soci poco meno di settanta tra dipendenti, ex dipendenti e collaboratori della società, «che insieme detengono meno dell’1% del capitale sociale», si legge in un documento della Corte dei Conti inviato alla Presidenza del Consiglio nel 2017.
L’ultima esperienza è però quella più ambiziosa ed è targata A2A, colosso dell’energia le cui radici restano fortemente ancorate a Brescia (come testimoniano i dividendi in continua crescita per la Loggia, arrivati a 78,3 milioni di euro nel solo 2024): l’assemblea dei soci tenutasi lo scorso 29 aprile al museo Diocesano ha infatti sancito l’avvio ufficiale di «Life Sharing», sistema che presto consentirà agli oltre 13mila dipendenti (2.500 i bresciani) del gruppo di diventare azionisti di A2A. I lavoratori riceveranno ogni anno, per tre anni, un pacchetto di azioni pari a 500 euro, mentre potranno anche acquistarne a prezzo di mercato sfruttando delle condizioni agevolate.
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