Economia

La Gnutti Carlo torna ai volumi pre-Covid ma pesano i rincari

Aggiornati i listini per recuperare efficienza gli effetti si vedranno però sui conti del 2022
Al vertice: a sinistra Matteo Colombini Gnutti. L’a.d. Claudio De Conto è il secondo da destra tra il presidente Piercarlo e il vice Mario Gnutti
Al vertice: a sinistra Matteo Colombini Gnutti. L’a.d. Claudio De Conto è il secondo da destra tra il presidente Piercarlo e il vice Mario Gnutti
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Le anticipazioni dello scorso anno sono confermate. Nel 2021, il gruppo dell’automotive Gnutti Carlo di Maclodio ha recuperato i volumi persi nei dodici mesi precedenti, a causa della pandemia da Covid-19, e il monte vendite si è consolidato a 703 milioni di euro.

«Nonostante questo significativo recupero dei ricavi - non nasconde il presidente Piercarlo Gnutti nella Relazione sulla gestione allegata al bilancio - la marginalità del gruppo subisce una marcata flessione, soprattutto a livello percentuale, mantenendo un valore assoluto non lontano da quello dell’esercizio precedente». Tradotto in numeri: nel 2020, l’ebitda della Gnutti Carlo valeva il 10,48% del fatturato ed era pari a 60 milioni di euro; oggi invece l’incidenza è scesa al 9,09% nonostante il suo valore sia salito a 64 milioni.

Le incertezze

«La diminuzione della marginalità - spiega l’imprenditore - è da attribuirsi innanzitutto a una forte pressione sui mercati delle materie prime dovute dalla ripresa della domanda post pandemia». Un fenomeno che ha generato difficoltà a reperire le materie prime e di conseguenza ha innescato «un generalizzato, improvviso e spesso ingiustificato aumento dei loro prezzi», conferma Gnutti. Un fenomeno che si è riflesso, con gli stessi effetti indesiderati, anche sul mercato dell’energia e dei trasporti.

«Queste circostanze macroeconomiche - aggiunge il presidente - si sono nel nostro comparto, sovrapposte alla ormai perdurante scarsa disponibilità di microprocessori che ha determinato, soprattutto nella seconda parte dell’anno, un postponement degli ordini da parte dei clienti con conseguente calo dei volumi dell’ultimo trimestre».

Nell’ultimo trimestre del 2021, i vertici della Gnutti Carlo hanno avviato una rinegoziazione dei prezzi per mitigare il rincaro di diversi fattori produttivi. «I nostri principali clienti sono i grandi player del mercato automobilistico e non abbiamo mai preso in considerazione, nonostante le difficoltà riscontrate, di ritardare o addirittura non consegnare le forniture: sarebbe stata forse una vittoria nel breve periodo, ma di sicuro una sconfitta a lungo termine - racconta il vicepresidente Mario Gnutti -. L’adeguamento dei listini però per noi corrisponde a un recupero di efficienza. Le trattative con i big del mercato - ammette - non sono state semplici. Gli effetti positivi comunque si vedranno sui conti del 2022».

La transizione

Nel 2021, il gruppo di Maclodio ha aumentato i ricavi, da 575,7 a 703 milioni, così come l’Ebitda, da 60,3 a 63,8 milioni e ha ridotto la perdita, da 27,8 a 5,2 milioni. Contestualmente, l’indebitamento finanziario è sceso da 330,18 a 286,73 milioni e il Patrimonio netto è rimasto stabile intorno ai 200 milioni di euro.

Negli ultimi anni la Gnutti Carlo ha rafforzato la diversificazione della sua attività anche con acquisizioni di altre realtà dell’automotive. L’integrazione di queste nuove società controllate nel gruppo ha subito dei ritardi a causa della pandemia, ma ora volge al termine nel rispetto delle strategie del gruppo bresciano. Sono 14 i suoi stabilimenti distribuiti su tre continenti, mentre la forza lavoro conta del supporto di 4mila dipendenti nel mondo.

Sono tre invece le divisioni della Gnutti Carlo: la Powertrain (componenti motori per il mercato heavy duty), la Light metal (componenti pressofusi in alluminio per i mercati heavy duty e passanger car) e la Tcg unitech (componenti pressofusi in alluminio e magnesio, pompe olio e acqua). «Vantiamo una significativa presenza, trasversale nei tre ambiti di attività, anche nell’ambito della e-mobility, declianta nelle varie categorie di vetture ibride o puramente elettriche - chiude Mario Gnutti -. La transizione al motore elettrico è inevitabile, ma bisogna aprire anche ad altre soluzioni. Per noi fornitori di componenti il problema è avere la certezza sul ritorno degli investimenti: il rischio è che i volumi prodotti non siano sufficienti a coprire tutte le spese fatte».

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