Economia

Neutralità tecnologica, elettrico, piano industriale: le sfide dell’automotive

Alla Gnutti Carlo si è svolto il Consiglio straordinario della Meccanica di Confindustria Brescia
Mobilità sostenibile. Un percorso pieno d’ostacoli
Mobilità sostenibile. Un percorso pieno d’ostacoli
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Da un lato, la neutralità tecnologica come prerequisito per guardare al futuro dell’automotive. Dall’altro, la necessità di rimboccarsi le maniche per non perdere il treno dell’elettrificazione.

Con la consapevolezza - ça va sans dire - che mai come in questo momento è assolutamente necessario un pressing forte e chiaro sul Governo, che deve fare la sua parte per recupere il gap tutto italiano che «New Deal» e «Fit for 55» hanno definitivamente smascherato. Si muove tra questi poli il consiglio «allargato» straordinario della Meccanica di Confindustria Brescia in streaming dalla sede della Gnutti Carlo di Maclodio.

Sul palco dei relatori, introdotti dalla leader della Meccanica Gabriella Pasotti e affiancati dal vicepresidente e dall’a.d. del gruppo Gnutti Carlo, Mario Gnutti e Claudio De Conto, che subito indicano la strada del cambiamento da cui non può prescindere alcun imprenditore che si dica tale - alcuni pezzi da novanta del mondo produttivo e associativo, dal presidente del gruppo Omr Marco Bonometti al vicepresidente di Anfia Marco Stella sino al coordinatore del settore automotive del Cluster nazionale dei trasporti Enrico Pisino e a Roberto Vavassori di Brembo, anche membro del consiglio direttivo di Clepa.

Il quadro

Se per tutti la famigerata neutralità tecnologica (che altro non è che il principio secondo il quale non è giusto scommettere su una sola tecnologia, a maggior ragione guardando al comparto automotive) è un prerequisito imprescindibile per evitare «la catastrofe» che si profilerebbe con lo stop totale delle auto a combustione nel 2035, da sola non basta a delineare il futuro dell’auto. Perché, come dice il leader di Omr, «di fronte a situazioni straordinarie, ci vogliono soluzioni straordinarie», che in soldoni per Bonometti vuol dire che anche il Governo deve metterci del suo.

E non poco. «In Italia è sempre mancata una politica industriale per il comparto dell’auto, che peraltro è tra quelli che trainano tutti gli altri - tuona -: ogni anno chiude uno stabilimento, e noi siamo qui a batterci per difendere i posti di lavoro. Per questo ci vuole una strategia. Bisogna fare quello che ha fatto la Spagna, mettere i soldi sugli investimenti, mettere una tassa sui prodotti che non hanno sostenuto la decarbonizzazione e magari una quota di nazionalizzazione del proprio prodotto».

I fondi

«Se è vero che l’elettrico farà la parte del leone non dimentichiamo che non tutte le auto saranno full electric e che se anche la componentistica si sta riducendo c’è spazio per tutti», rincara la dose Pisino che evidenzia come la road map da qui al 2035 vari da Paese a Paese, con l’Italia che sul fronte degli investimenti in ricerca e innovazione resta la cenerentola europea, con «una situazione che non si recupera in un anno».

Un concetto ribadito anche dal vicepresidente Stella, incalzato dal collega Gianni Bonfadini. «Credo che la sfida sia talmente ambiziosa che non possiamo essere lasciati soli» puntualizza Stella, evocando il «messaggio di ascolto» dato dal Governo con l’istituzione del fondo per l’automotive e ribadendo l’opportunità fornita dalla neutralità tecnologica per salvare i potenziali 70 mila posti di lavoro a rischio solo in Italia.

«Dobbiamo essere tutti strabici come i camaleonti, per vedere con un occhio da vicino e con l’altro lontano», sintetizza Vavassori per il quale la priorità delle priorità resta quella energetica, strettamente legata alla necessità di recuperare il gap che il nostro Paese mostra nei confronti del resto d’Europa. «La neutralità tecnologica - conclude - da sola non basterà se non ci mettiamo gambe in spalla per non perdere il treno di una mobilità sostenibile con un approccio integrato sulla quale gli altri stanno già lavorando».

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