Economia

La direttiva sulla rendicontazione e la sostenibilità non solo a parole

La Csrd entrerà in vigore dal 2024 cominciando dalle aziende di interesse pubblico. Centralità ai criteri Esg
Impianto fotovoltaico - © www.giornaledibrescia.it
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Si fa presto a dire sostenibilità, diverso è agire concretamente nella direzione di un reale cambiamento in chiave ecologica, sociale e di governance. E le parole in questo senso non bastano, servono i fatti.

Fatti che con la direttiva europea sulla rendicontazione societaria della sostenibilità (la Corporate sustainability reporting directive, meglio nota come Csrd) vanno messi nero su bianco. Il 16 dicembre 2022 il testo normativo approvato da Consiglio dell’Unione europea e Parlamento è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale e, in linea con quanto stabilito dal Green deal, si pone l’obiettivo di aumentare la trasparenza nell’ambito dei criteri Esg, ponendo grande attenzione sulle scelte concrete per favorire la transizione e opponendosi con forza alle pratiche di greenwashing, ecologismo di facciata che si fonda su affermazioni pubblicitarie e promozionali esagerate, generiche e infondate.

Per riassumere, la direttiva Csrd chiarisce la metodologia della reportistica su dati non finanziari, inserita in documenti periodici (pubblicati in una sezione dedicata della Relazione sulla gestione inclusa nel loro bilancio annuale) e a favore di diversi portatori di interessi del processo economico. Investitori, consumatori e persino la politica avranno modo di avere direttamente sotto gli occhi le attività in chiave sostenibile delle aziende destinatarie dell’intervento normativo. Ma quali sono le imprese europee che ricadono sotto l’egida della direttiva?

Chi e quando

Secondo un primo calcolo saranno circa 50mila in tutta Europa, distinte per dimensione aziendale. Dal primo gennaio 2024 l’obbligo scatterà per le grandi imprese di interesse pubblico (con più di 500 dipendenti), già soggette alla direttiva sulla dichiarazione di informazione non finanziarie (Nfrd, Non-financial reporting directive).

Un ulteriore passo in avanti si farà invece a partire dal primo gennaio 2025 per le grandi imprese con più di 250 dipendenti e 40 milioni di euro di fatturato o 20 milioni di euro di attività totali. Da inizio dell’anno successivo invece obbligatorietà al via per le pmi quotate in Borsa. Le altre piccole e medie imprese invece potranno scegliere di non partecipare alla reportistica fino al 2028.

Informazioni

E, come già anticipato, le informazioni da comunicare dovranno esplicitare le azioni messe in campo nell’ambito ambientale ( mitigazione dei cambiamenti climatici, anche per quanto riguarda le emissioni di gas a effetto serra, uso risorse idriche, tutela della biodiversità etc...), in quello sociale (condizioni contrattuali adeguate, orari di lavoro, rispetto dei diritti umani per esempio) e di governance (caratteristiche principali dei sistemi interni di controllo e gestione del rischio dell’impresa, etica aziendale etc...).

«La norma esiste ma è ora in fase di implementazione, con atti delegati che vengono elaborati con il supporto del Gruppo consultivo europeo per le relazioni finanziarie - commenta il presidente della Camera di Commercio di Brescia Roberto Saccone -. Sono proprio questi atti delegati che definiranno l’altezza alla quale verrà posta l’asticella degli obblighi di reporting, con la pubblicazione di questi standard che è prevista entro la metà di quest’anno».

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