Galà dei Bilanci: «All’Europa serve un shock per cambiare»

Il vecchio adagio mente, perché le persone fanno un’enorme fatica a vedere la Storia come una maestra. E quindi da ciò che è successo nel passato raramente traggono qualche insegnamento utile. Eppure a volte bisognerebbe solamente voltarsi indietro e cercare di cogliere dei suggerimenti, soprattutto «perché siamo nel pieno di un cambiamento d’epoca, dove una incapacità di reazione equivarrà a una sconfitta» a detta di Domenico Siniscalco, vice presidente e managing director di Morgan Stanley International e già ministro dell’Economia e delle Finanze.
E se questa mutazione è epocale, «con personaggi come Donald Trump e Xi Jinping che sono strutturali, non eventi passeggeri» come evidenziato da Paolo Magri, presidente del Comitato scientifico dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) e docente di Relazioni internazionali all’Università Bocconi che con Siniscalco è salito sul palco del Galà dei Bilanci (rivedi qui la serata) intervistato dal giornalista del GdB Erminio Bissolotti, epocali devono essere le risposte. E la prima a dover cambiare marcia, velocemente e radicalmente, è l’Europa.
I Comuni
«Eppure, che sia sul fronte dazi o sulla questione della guerra in Ucraina, ci comportiamo come i Comuni nell’Italia medievale: ogni Paese è arroccato nel suo maniero - ha chiosato Magri -. Servirebbe invece un unico grande castello per far sì che si agisca con unicità e agilità ai mutamenti radicali in corso». Al momento questo però non pare accadere e i dazi, una delle tante carte sul confuso tavolo globale, lo dimostrano.
«Ora abbiamo capito come agisce Trump, il suo pattern: prima spaventa l’interlocutore, poi passa al “m’ama non m’ama” e da lì inizia la trattativa - le parole del presidente dell’Ispi -. E nelle trattative funziona così: chi ha forza la usa, chi non ce l’ha offre qualcosa, chi non ha né forza né nulla da dare si genuflette. L’Europa la forza ce l’ha, dare ha dato - si veda il 5% della spesa militare promesso - ma allo stesso tempo ci siamo anche più volte genuflessi».
Vaso di coccio
Nonostante ciò il Continente è ancora in corsa ma in questa gara «siamo un vaso di coccio in mezzo a vasi d’acciaio, Stati Uniti e Russia o Stati Uniti e Cina a secondo delle situazioni» ha rimarcato il vice presidente di Morgan Stanley. «Frammentati, piccoli, lenti» ha aggiunto Magri parlando dei singoli Stati membri, «anche perché ce ne sono alcuni che remano contro, che perseguono i loro personalissimi interessi, Stati egoisti - gli ha fatto eco Siniscalco -. A fronte anche di questo problema l’unico modo attraverso il quale l’Europa può cambiare è uno shock».
La strada da percorrere, a detta dell’ex ministro, «è chiara: sappiamo dove andare, non però come farlo». Conosciamo la strada quindi, non dove porterà. Se a prevalere nello scontro tra grandi potenze saranno gli Usa o la Cina «lo scopriremo solo col tempo» ha aggiunto Siniscalco. Di certo riusciamo con abbastanza chiarezza a rappresentarci cosa succederà se l’Europa unita non si muoverà unita: «Spendiamo già il triplo della Russia per la difesa, abbiamo molti più militari, ma questo se facciamo il calcolo dei 27 Paesi membri insieme - la conferma di Magri -. Proprio sulla questione Ucraina abbiamo mostrato i nostri limiti: contiamo ma solo in fase di reazione come si vede in questi giorni sulla possibile tregua, non di proposta. Con questo approccio disunito pagheremo caro, e pagheremo tanto, nel prossimo futuro, sia sul piano economico sia su quelli politico e sociale».
Perché la Storia, che non è maestra di vita ma è implacabile insegnante, lo ha già detto. Quando il mondo cambia, quando a un’epoca ne succede un’altra, ci sono vinti e vincitori. Bisogna solo scegliere da che parte posizionarsi, sacrificando qualcosa per ottenere altro. E non dimenticandosi che ogni evento storico è un evento psicologico e che il mondo cambia perché a cambiarlo sono le persone. È perciò tutto è una questione di responsabilità, accettata o rifiutata.
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