Emergenza lavoro, a Brescia il 56% delle imprese non trova personale
Quello che negli ultimi anni era un «semplice» allarme, ora sta diventando una vera e propria emergenza. L’urgenza di chi ha un lavoro da offrire, ma non qualcuno che può o vuole farsene carico. Certo non un problema da poco, tanto più se il fenomeno riguarda oltre un’impresa su 2 ed evidenzia anche la volontà dei lavoratori di diventare sempre più protagonisti delle proprie decisioni, come palesato dall’indagine sul mercato del lavoro realizzata da Confindustria Brescia con altre 22 territoriali e Confindustria Lombardia.
Stando al report (che ha coinvolto oltre 2mila aziende per un totale di quasi 400mila addetti a livello lombardo, e 224 imprese per quasi 25mila addetti nel bresciano) nei primi mesi del 2023 l’80% delle aziende ha effettuato ricerche di personale e tra queste il 70% ha avuto difficoltà a trovare le figure professionali ricercate. Ne consegue che più di una impresa su due (il 56%) ha difficoltà a trovare lavoratori, con le maggiori problematiche che emergono per le mansioni manuali/tecniche (47% delle segnalazioni, con un impatto maggiore sull’industria e nelle Pmi) o per le altre competenze/mansioni specifiche (45% dei casi, con un’incidenza leggermente superiore nei servizi e tra le imprese più grandi).
L’analisi
Le aziende fanno dunque sempre più fatica a soddisfare il loro fabbisogno di professionalità, con un mismatch accentuato soprattutto nelle figure di carattere tecnico. Ma il problema del mismatch tra domanda è offerta è in qualche modo collegato anche ad altre due tematiche approfondite dal report: il turnover da un lato ed il ricambio generazionale dall’altro.
Ebbene, lo studio mostra come nel bresciano, nel 2022, il tasso di turnover (ossia l’indicatore che misura l’intensità con cui avviene il processo di sostituzione nella forza lavoro all’interno di un’azienda nel corso di un anno) si sia attestato al 24,8%, in aumento di quasi 5 punti rispetto al 2021 (21,1%) e al periodo pre-Covid. In crescita anche il turnover volontario (che considera le sole uscite per dimissioni) che passa dal 4,7% del 2021 al 6,7% del 2022, segnalando un ulteriore fattore di incertezza in capo alle imprese, chiamate a fronteggiare una maggiore propensione dei collaboratori a dimettersi, per cambiare lavoro o per altro.
Per quanto attiene invece il ricambio generazionale, il report evidenzia come il 29% delle aziende sia alle prese anche con questa variabile.
Assenteismo
Lo studio si sofferma anche sul tasso di assenza dell’addetto medio (calcolato come rapporto tra ore perdute e ore lavorabili) che nel 2022 nella nostra provincia è stato pari all’8,1%, ma con una elevata eterogeneità per inquadramento (quadri 3,3%, impiegati 5,6%, operai 10,4%) e per genere del lavoratore (maschi 8%, femmine 8,7%).
Le ore mediamente perdute nel 2022 sarebbero 137: la principale causale va ricercata nella malattia non professionale (87 ore) e nei permessi retribuiti (23). Tra le donne, i congedi retribuiti riguardano in media 44 ore (2,6% delle ore lavorabili).
Non poteva mancare un focus anche sullo smartworking, che l’anno scorso ha interessato il 45% delle imprese bresciane e ha coinvolto il 25% dei dipendenti: per chi lo ha adottato, i principali vantaggi riguarderebbero l’attrazione e fidelizzazione delle risorse umane (60% delle realtà) e la riduzione dell’assenteismo (51%), mentre gli svantaggi andrebbero ricondotti alla minor comunicazione (56%) e senso di appartenenza (41%). «La tendenza all’aumento sia del tasso di turnover che del turnover volontario conferma che siamo entrati in un nuovo periodo delle relazioni lavorative», commenta Roberto Zini, vice presidente di Confindustria Brescia con delega a Relazioni Industriali e Welfare per il quale «le aziende dovranno essere sempre più attrattive, non solo a livello salariale ma costruendo un sistema di welfare e di valori sempre più marcato».
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