«Crescita anemica», Confindustria taglia le stime del Pil dell’Italia

«Gli incentivi stanno scadendo»: in vista della manovra gli industriali invocano «continuità di misure» per il sostegno agli investimenti, e «certezza per combattere l'incertezza» che frena imprese e Paese, con un piano di politica industriale «che abbia una visione almeno a tre anni». Il presidente di Confindustria Emanuele Orsini lo sottolinea presentando il rapporto di autunno degli economisti di via dell'Astronomia che certifica una «crescita anemica» e sollecita «una manovra di bilancio che sapientemente prosegua sulla strada dello stimolo agli investimenti produttivi, investimenti necessari per rilanciare la crescita del Paese».
È una «dinamica del Pil italiano – rileva il Centro Studi di Confindustria – che in assenza del Pnrr sarebbe di -0,3% nel 2025 e di +0,1% nel 2026, -0,2% nel biennio: non ci sarebbe crescita, ma una stagnazione». In ogni caso il Pil si fermerà quest'anno a +0,5% e il prossimo a +0,7%. Nel quadro delineato dal Centro Studi di Confindustria con la guerra dei dazi e le tensioni geopolitiche pesa la caduta delle esportazioni, l'occupazione continua a crescere più del Pil. Il deficit pubblico è in calo, sotto la soglia Ue del 3% del Pil nel 2026 anche se indicato al 3,1% nel 2025.

«Siamo di fronte ad una sfida economica globale che ha l'obiettivo di ridisegnare la geografia industriale mondiale, ci siamo domandati se l'Italia può mantenere un ruolo da protagonista», dice la vicepresidente di Confindustria per il centro studi Lucia Aleotti presentando le stime di autunno: «di fronte ad un quadro di tempesta globale serve un piano di investimenti vigoroso», sul modello «di Industria 4.0», per «tenere il passo con i nostri competitor», gli altri Paesi, come Germania e Francia «che con il supporto delle loro economie stanno mettendo in atto piani di incentivi poderosi».
«Nel momento in cui il Pnrr finirà, e non manca molto – avverte anche il direttore del centro studi, Alessandro Fontana –, bisognerà programmare delle politiche espansive, mantenere qualcosa di espansivo anche per i prossimi anni. Come sta facendo la Germania che ha messo in campo 650 miliardi, e come sta facendo anche la Francia: sarà importante mantenere un supporto all'economia italiana».
Ci sono anche risorse ferme, come i 1.500 miliardi di risparmi degli italiani accumulati sui conti in banca, o nei fondi pensione, che se rimesse in gioco anche in minima parte potrebbero alimentare «un grande progetto di rilancio del Paese» dice Emanuele Orsini: «Se raccogliessimo solo l'1% fa 15 miliardi. Ma anche se raccogliessimo 5 miliardi, e usiamo le garanzie di Sace, con un piano di 3 anni, non dico che sono risorse che devono andare nell'industria ma sarebbe possibile dare continuazione del Pnrr, continuare quelle cose che servono in questo Paese, come le infrastrutture, il welfare, il piano casa, la digitalizzazione... tutti i capitoli che possono rendere competitivo il nostro Paese. È quello che serve».
È il rapporto del Centro Studi a indicare quanto «mobilitare una parte, anche piccola, della ricchezza totale delle famiglie italiane avrebbe un ruolo cruciale per accelerare gli investimenti», per esempio se investito in azioni o obbligazioni delle imprese.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

@Economia & Lavoro
Storie e notizie di aziende, startup, imprese, ma anche di lavoro e opportunità di impiego a Brescia e dintorni.