Economia

Chips Act, l’Europa vuole un ruolo da protagonista nei semiconduttori

Settimana scorsa accordo tra Consiglio e Parlamento: l’obiettivo è raggiungere la quota del 20% del mercato globale entro il 2030
I chip sono fondamentali per numerosissime tecnologie - © www.giornaledibrescia.it
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L’accordo raggiunto settimana scorsa da Parlamento europeo e Consiglio dell’Ue sul Chips Act potrebbe rappresentare una chiave di volta per raggiungere quell’autonomia in campo tecnologico che il continente sogna da diverso tempo. Dinanzi infatti allo strapotere dei Paesi asiatici sui semiconduttori (Taiwan, Cina e Corea del Sud) e al Chips and Science Act varato dagli Stati Uniti, l’Europa ha fino ad oggi dovuto giocare un ruolo da comprimaria, posizionandosi alla fine della supply chain come consumatore di chip, raramente come produttore.

Ma l’European Chips Act, in combinato disposto con il Critical Raw Material Act presentato a marzo 2023 e pensato per rafforzare l’attività estrattiva di materie prime rare (quelle che servono anche per la creazione dei chip), può davvero cambiare le carte in tavola nello scacchiere globale.

Raddoppiare

Secondo gli ultimi dati forniti dalla Commissione e risalenti al 2020 l’Ue ha una quota di mercato mondiale nell’ambito dei semiconduttori del 10%. «Entro il 2030 la volontà è quella da salire al 20% - comunica l’organo di governo comunitario -, rafforzando la leadership economica ed evitando di dover affrontare crisi legate a future interruzioni della catena di approvvigionamento». Per concretizzare il raddoppio della produzione di semiconduttori sul piatto sono stati messi 43 miliardi di euro tra investimenti pubblici (di cui 3,3 miliardi dal bilancio Ue a cui si aggiunge un fondo da 5 miliardi per le startup) e privati.

Tra gli obiettivi strategici inevitabilmente il primo da dover affrontare è quello di rafforzare la ricerca tecnologica, colmando un gap di competenze con Asia e Usa che col tempo si è andato sempre più ampliando. Parallelamente questo deve portare a una rinnovata capacità produttiva dei chip. In quest’ottica di primissimo piano è il problema di reperimento delle materie prime (su tutti il silicio) necessarie per creare i semiconduttori.

Ecco qui l’importanza del Critical Raw Material Act citato in precedenza: questo prevede che entro il 2030 l’Ue aumenti ad «almeno il 10%» l’estrazione delle materie prime strategiche sul suo territorio, e «ad almeno il 40%» la capacità di raffinare e lavorare le terre rare lungo tutta la catena del valore.

Le aziende

Ora si attende solamente la ratifica formale da parte di Consiglio e Parlamento, che darà via libera definitiva all’European Chips Act. Il raddoppio della produzione in ogni caso dipenderà molto anche da come le grandi aziende continentali del settore, su tutte la tedesca Infineon Technologies (la principale multinazionale europea dei semiconduttori che fa capo a Siemens), reagiranno allo stimolo normativo.

L’Italia risulta essere coinvolta direttamente, vista la presenza sul suolo nazionale di alcuni stabilimenti dedicati proprio alla produzione di chip: ad Agrate Brianza in Lombardia per esempio si trova una delle sedi del gruppo italo-francese STMicroelectronics. Come se non bastasse diverse big company globali hanno annunciato importanti investimenti sul territorio nazionale. L’ultimo annunciato è datato fine settembre 2022: la statunitense Intel investirà 4,5 miliardi di euro per creare una fabbrica a Vigasio in Veneto. Dovrebbe entrare in funzione entro il 2027.

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