Cassa integrazione in caduta libera: ore autorizzate giù del 65% nel 2022

Cassa integrazione in caduta libera a dicembre e nel 2022 in provincia di Brescia. Ma il quadro resta a luci ed ombre. A dirlo sono i dati pubblicati dall’Osservatorio Statistico dell’Inps, che mostrano come nel Bresciano, nel dicembre 2022, le ore di cassa integrazione autorizzate siano state 618.470 (446.212 di cig ordinaria e 49.960 di straordinaria, con 496.172 ore autorizzate agli operai e le restanti agli impiegati) contro i 2,2 milioni del novembre 2022, pari ad un -71%.
Nel dicembre 2021 erano state poche di più (693.919, con un calo quindi del 10%) mentre in quello del 2020 il numero era schizzato a 4,5 milioni (-86%) per effetto della pandemia e dei vari lockdown. Di poco dissimile il quadro annuale, che pure palesa una brusca frenata della cassa: tra gennaio e dicembre 2022, infatti, in provincia di Brescia le ore autorizzate sono state quasi 14 milioni (13.949.616), di cui 10 agli operai e le restanti agli impiegati: le ore di cig ordinaria sono state 8.503.010 mentre quelle di cig strardinaria 5.302.062, con le restanti 144.544 ore di cassa in deroga. Nel 2021 le ore complessive autorizzate nella nostra provincia tra gennaio dicembre erano state 40,7 milioni (-65%), mentre nel 2020 addirittura 92,6 (-84%). Il quadro provinciale rispecchia a grandi linee anche quello regionale e nazionale.
In Lombardia nel dicembre 2022 le ore autorizzate sono state 4,7 milioni contro gli 8,3 milioni del mese di novembre: tra gennaio e dicembre la regione ha chiuso il 2022 con 83,2 milioni di ore autorizzate contro gli 387 milioni di ore del 2020. A livello nazionale, invece, il calo di dicembre 2022 su dicembre 2021 è stato del 61,7% con 46 milioni di ore autorizzate contro i 120 milioni del 2021.
«C’è un dato oggettivo che rappresenta la ripresa produttiva avvenuta subito dopo il 2020, che con i vari lockdown aveva fatto schizzare la cassa integrazione a livelli mai visti - commenta il segretario della Camera del Lavoro di Brescia, Francesco Bertoli, che sottolinea come il calo delle ore sia andato progressivamente a regime nel 2021 e poi nel 2022 -. Quello che vediamo è una continuazione della ripresa e della riapertura delle attività dopo il blocco imposto dal Covid, ma bisogna comunque avere molta cautela a leggere il dato con troppo entusiasmo. Aspettiamo di vedere come si consolida - tira corto - alla luce della guerra in Ucraina che sta andando avanti anche nel 2023».
Sulla medesima lunghezza d’onda sono anche i segretari generali della Uil e della Cisl. Se infatti Mario Bailo, segretario dell’organizzazione di via Vantini, parla di «bei dati incoraggianti» (definendoli però al contempo come «inevitabili», dopo un annus horribilis come il 2020) non dimentica di evidenziare che il mese di dicembre è sempre un esercizio «difficile da interpretare» e che per avere un quadro certo di come evolve il quadro economico bisognerebbe incrociare i numeri della cassa integrazione con quelli degli avviamenti e delle cessazioni. E aggiunge: «Le previsioni per il 2023 al momento non sono rosee, per cui per avere un indicatore di come sta andando l’economia italiana e bresciana è meglio aspettare i dati del primo trimestre del 2023».
Di un quadro «a luci ed ombre» parla anche Alberto Pluda, alla guida del sindacato di via Altipiani D’Asiago, che indugia in particolare sull’andamento altalenante non solo di cassa ordinaria e straordinaria, tipiche la prima delle grandi imprese e la seconda delle realtà con meno di 15 dipendenti, ma anche delle diverse categorie. «Soprattutto in certe categorie, come ad esempio l’edilizia, si nota una crescita della cassa straordinaria, a testimonianza di come le imprese, tanto più quelle più piccole, abbiano patito la questione delle incertezze legate al Superbonus 110%, alla normativa ed alla questione del credito di imposta - spiega -.Anche il comparto agroalimentare sta usando la cig, soprattutto nelle realtà più piccole, segno che la grande distribuzione si sta riorganizzando. Complessivamente - chiude - possiamo dire che l’industria ha avuto invece un maggior grado di resilienza».
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