Economia

Caro energia e gas, l’industria nel 2022 pagherà bollette per oltre tre miliardi

Fornasini: «Forte frenata delle materie prime». Fedreghini: «Precipita la redditività delle imprese»
INDUSTRIA, L'ENERGIA ERODE I MARGINI
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Energia e gas sono un vero salasso per l’industria bresciana. Nel 2022 le aziende manifatturiere bresciane sborseranno la bellezza di oltre 3 miliardi di euro in bollette (tra gas e luce); il doppio rispetto allo stesso periodo del 2021 (1,5 miliardi) e ben cinque volte (+418%) i pagamenti del 2019 (anno pre-Covid) che erano stati pari a 586 milioni.

La stima sui prezzi del primo semestre (proiettata sull’intero anno) è stata al centro dell’analisi del 38esimo appuntamento con «Scenari & Tendenze», l’osservatorio congiunturale. È vero, il «made in Brescia» negli ultimi trimestri ha continuato a correre ed ha visto un incremento della produzione, nonostante le crisi anche violente del recente periodo. Ma è crollata la redditività: all’aumento della produzione non è corrisposta una crescita proporzionale della ricchezza. «È come se le imprese lavorassero una parte di giornate senza profitto», ha spiegato Davide Fedreghini.

L’indagine

Secondo i dati del Centro studi di Confindustria Brescia dal terzo trimestre 2020 al terzo 2022 all’aumento del 93% del costo delle materie prime ha fatto infatti riscontro un adeguamento all’insù dei prezzi di vendita del 26%, che significa una decisa riduzione dei ricavi. Come spiegato da Fedreghini - preceduto dall’introduzione del presidente camerale Roberto Saccone - «i settori che più hanno sofferto la volatilità dei mercati sono stati il legno, l’edilizia e la meccanica».

Materie prime

Il capitolo «materie prime» sta portando comunque anche buone notizie. «Dopo una corsa durata poco meno di un anno – ha spiegato il professor Achille Fornasini, direttore dell’osservatorio - nell’ultimo trimestre è iniziata la discesa, sia per i ferrosi che per i non ferrosi, con una media a doppia cifra che si aggira sul 40%. Gli esempi sono lampanti. Tra i ferrosi -28% per il minerale di ferro, - 56% per il carbon coke, -53% per la ghisa, -45% i coils (rotoli di lamiera), -30% le lamiere da treno (nel I trimestre rincarate del 112%), -46% per il rottame (turco), e -26% e -21% per tondo e vergella, i così detti lunghi, produzione tipica della nostra industria pesante». «Tra i non ferrosi l’alluminio si è ribassato del 33%, il rame del 20%, il nichel del 50%, lo zinco e il piombo del 26%, lo stagno del 41%.

A calmierare i costi - precisa - sono state la rarefazione della domanda (le aziende a prezzi altissimi non acquistavano più) e l’indebolimento della crescita economica globale. Il cambio di strategia da parte delle imprese in tema di scorte, ridotte ai minimi termini (da «just in time» a «just in case»), ha messo fuori gioco gli speculatori e portato un calo benefico».

Petrolio e gas

E gli energetici? Corrono sempre forte, con il petrolio a +54% da inizio anno e il gas addirittura a +75% nelle ultime tre settimane (energia elettrica a +66%). Dolorosa anche la valutazione del professor Andrea Beretta Zanoni, secondo cui «l’onda lunga dell’inflazione deve ancora arrivare e quindi sono in vista nuovi aumenti di ogni bene. Queste premesse indurranno le banche centrali a intervenire sui tassi, in modo aggressivo e rapido. Il rischio è la recessione».

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