Acciaio bresciano: nel 2024 calano i ricavi, reddittività ai minimi

A livello mondiale, la produzione di acciaio si è lievemente ridotta nel 2024 (-1%), dinamica che ha caratterizzato molti Paesi, compresa la Cina, la quale contribuisce per il 53,3% del totale (fonte World Steel Association). Nell’Unione Europea vi è stata, invece, una crescita media del 2,6% che ha caratterizzato alcuni Paesi, ad esempio la Germania (5,1%), la Francia (8%), la Spagna (4,4%) mentre l’Italia perde il 5,2%. Il nostro Paese si conferma, a livello produttivo, al secondo posto in Europa ma perde una posizione a livello mondiale, passando dall’undicesimo al dodicesimo posto. La produzione con forno elettrico è molto alta, l’89,3% del totale, contro una media Ue (27) di circa la metà (44,4%)
Le imprese bresciane esaminate appartengono alla fase della produzione e presentano un andamento del fatturato non soddisfacente, in calo dell’8,5%, dopo la più accentuata contrazione del 2023. Tale decrescita ha connotato la gran parte delle aziende, in quanto ne accomuna l’82,6%; un numero altrettanto alto, il 76,9% ha ridotto anche l’Ebit (reddito operativo dell’attività tipica).
Il contenimento del fatturato ha portato con sé un’inevitabile e significativa perdita di redditività: l’Ebitda scende al 2,4% delle vendite (7,2% lo scorso anno), un valore che genera preoccupazione. Questa repentina caduta è dovuta sia alla perdita di valore aggiunto, che lascia sul terreno altri tre punti percentuali dopo gli otto dello scorso anno, sia al minor assorbimento dei costi strutturali, soprattutto del lavoro, la cui incidenza sulle vendite è del 9,2%. Tali valori sono ben inferiori anche a quelli del 2021, denotando un percorso progressivo di riduzione che ha visto una breve ma intensa parentesi nel 2022 dove, solo per fare un esempio, l’utile netto è stato due volte e mezzo superiore alla somma di quello degli anni 2021, 2023 e 2024.
Sotto la lente
Gli indicatori di redditività risentono in misura pesante di questo regresso, a partire dal Roi (redditività degli investimenti) che diviene negativo, dopo il contenuto 3,7% del 2023: a incidere su questo calo è sia il Ros (marginalità sulle vendite), da 4% a -1,3%, sia il grado di efficienza finanziaria nell’utilizzo del capitale (fatturato rapportato al capitale investito), che si riduce a causa del numeratore.
Medesimo destino per la redditività netta (Roe), ovvero il ritorno sul capitale dei soci (mezzi propri), che diventa anch’esso negativo (-2,9%), contro il 4,6% dello scorso anno. In modo analogo l’incidenza del reddito netto sul fatturato, pari a -2%, con il 43,5% delle imprese che chiudono in perdita.

Fortunatamente il comparto produttivo bresciano è solido, in quanto il rapporto di indebitamento complessivo, che pone a confronto il totale delle passività con i mezzi propri, non presenta variazioni, mantenendosi su valori molto bassi; inoltre è sempre garantita la copertura degli investimenti con i mezzi propri. Aspetto negativo ma atteso è l’impatto degli oneri finanziari sull’Ebitda, a causa della forte contrazione di quest’ultimo, in quanto il costo del denaro è in progressiva riduzione.
Il commento
In sintesi, i bilanci del 2024 presentano un quadro pesantemente negativo sul lato economico, mentre da valutare positivamente è la solidità. Riguardo al futuro, la produzione mondiale di acciaio si è ridotta nei primi nove mesi del 2025 dell’1,6%, con valori più alti nell’Eu (27), pari a –3,7% (fonte World Steel Association).
Guardando il contesto italiano (fonte Siderweb) il sentiment sul 2025 non è positivo, in quanto non sono attesi particolari miglioramenti mentre si intravvede qualche spiraglio di luce per il 2026. L’elemento di maggiore criticità è il costo dell’energia, a cui si associano le problematiche connesse al rottame (prezzo e disponibilità). Vi sono molteplici fattori che influenzano queste negative previsioni: l’instabilità politica; una nuova geografia economica; le politiche dell’Ue che dovrebbe meglio definire la sua strategia verso il settore dell’acciaio, a partire da quella ambientale; le politiche di dumping; la perdita di competitività di alcuni settori utilizzatori; l’impatto diretto ed indiretto dei dazi e, in generale, delle politiche protezionistiche.
Le nostre aziende hanno sempre posto in essere politiche di investimento con forti risvolti sulla sostenibilità, che nel medio termine dovrebbero generare un vantaggio competitivo: tuttavia, servono adeguate e durature misure di sostegno per agevolare le politiche di espansione. Questo anche attraverso forme di collaborazione o aggregazione tra le imprese, sia per lo sviluppo tecnologico e la ricerca sia per i percorsi di internazionalizzazione. Infine, anche se non è esclusiva di questo settore, è necessario investire sul capitale umano, sul quale esistono criticità in termini di competenze e disponibilità.
I risultati economici che si sono delineati nell’ultimo anno, unitamente ai fattori di criticità identificati, rendono necessari interventi rapidi sul settore, a partire dal contesto europeo.
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